giovedì 15 novembre 2007

Le elezioni dello scontento ..(da radio radicale)






ANM: LE ELEZIONI DELLO SCONTENTO
Quando in un organismo di corporazione, qualcuno direbbe “di casta”, come l’Anm, cioè il sindacato dei magistrati, per la prima volta da quaranta anni a questa parte le correnti di sinistra prendono una simile sberla vuol dire che qualcosa sta cambiando persino nella stessa logica del cosiddetto partito dei giudici. Che sembra adesso propendere pe rlo slogan “più stipendio e meno politica”.
I dati prima di tutto: i moderati di Magistratura indipendente aumentano il loro consenso dappertutto; dalla Cassazione, dove passano dai 62 voti del 2003 ai 79 di quest’anno (+27%); a Roma, dove raccolgono 215 voti contro i precedenti 165; a Napoli (171 voti, prima erano 103); a Palermo (122 voti, contro i 92 di quattro anni fa).
Unica eccezione Milano, città delle toghe rosse per antonomasia, dove però la perdità è irrilevante : 58 voti contro i 59 del 2003.
Stesso discorso per Unicost, altra corrente moderata che guarda al portafogli prima che alla guerra contro la poltica.
A parte la Cassazione dove da 104 voti è scesa a 87
(-16%) e il distretto di corte di appello di Napoli (da 337 agli attuali 315), il movimento guidato da Marcello Matera si conferma quello di maggioranza, raccogliendo molti più consensi a Roma (313 voti contro i 275 di quattro anni fa), a Milano (246 voti, 219 nel 2003) e a Palermo (107 voti, nel 2003 ne aveva avuti 83).
In calo quasi dappertutto invece Magistratura democratica: fatta eccezione per Palermo, dove passa da 77 a 92 voti, la corrente ‘storica’ di sinistra delle toghe perde voti in Cassazione (58 voti, contro i 71 di quattro anni fa, -18%); a Roma (dove passa da 219 a 125 voti), nonostante in quel distretto di corte di appello fosse sceso campo uno degli attuali leader dell’Anm, cioè il segretario Nello Rossi; a Napoli (146 voti contro 167 nel 2003); a Milano (171 voti, a fronte dei precedenti 241).
Per il Movimento della giustizia, altra storica corrente di sinistra guidata dal pm del caso Abu Omar, Armando Spataro, si profila addirittura una disfatta: nonostante corresse con i colleghi della neonata corrente che si richiama all’articolo 3 della Costituzione, in Cassazione gli amici di Marco Travaglio hanno raccolto solo 26 voti, a fronte dei 48 di quattro anni fa, facendo registrare un -45%.
Più che dimezzato rispetto al 2003 il risultato a Roma (74 voti, contro i 163 del 2003) e anche a Palermo la corrente perde terreno (67 voti, 112 nel 2003).
Persino a Milano, dove la corrente conta sull’appoggio di Armando Spataro, l’accoppiata Movimento-Articolo 3 ha ottenuto solo 91 voti. Cioè una ventina in meno rispetto a quattro anni fa.
Con questi numeri confermati, nel futuro direttivo dell’Anm per la prima volta potrebbe non figurare neanche un esponente delle due correnti di sinistra e ora sono in molti a chiedersi perché. Mentre nel consiglio, Magistratura democratica, tra i 144 candidati per i 36 seggi in lizza, potrebbe non superare il numero di otto e gli alleati del gruppo di Spataro a malapena arriverebbero a 5.
Le due correnti moderate invece farebbero il pieno di seggi nell’assemblea: Magistratura indipendente 14 seggi, Unicost 8. Forse un segnale di allarme ignorato nelle scorse settimane era stato quello lanciato dal procuratore aggiunto di Torino Bruno Tinti nel suo libro “Toghe rotte”. In cui deprecava i balletti correntizi della casta in toga rispetto al Csm, che poi dell’Anm è quasi un’emanazione di fatto.
Non a caso gli esperti del settore le hanno chiamate le elezioni dello scontento. Un’insoddisfazione che nasce dall’abbassato, a loro avviso, livello retributivo e dal passaggio della riforma Mastella, di cui le toghe non riescono proprio ad accontentarsi solo facendo il raffronto con quella di Castelli invece vanificata.
La giunta attuale, guidata da Giuseppe Gennaro (Unicost) e Nello Rossi (Md), ha scelto la linea del compromesso con il ministro della giustizia Clemente Mastella, ma le richieste di modifica radicale della legge Castelli non sono state accolte. “L’impianto è rimasto”, dicono gli interessti. La separazione delle funzioni con l’incompatibilità distrettuale non è stata digerita, il Csm ha perso terreno anche sul campo disciplinare (vedi da ultimo il caso De Magistris), la temporaneità degli incarichi direttivi determinerà l’azzeramento dei vertici degli uffici e infine le procure sono state mantenute nelle rispettive strutture seguendo criteri di gerarchia. Che loro, gli sconfitti, chiamavano verticismo.

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