mercoledì 17 dicembre 2008

Augusto Barbera sulle riforme : le priorità necessarie

GIUSTIZIA/ Barbera: prima di riformare il Csm, riduciamo i tempi dei processi
INT. Augusto Barbera
mercoledì 17 dicembre 2008
Continua il confronto di maggioranza e opposizione sulla giustizia. Alla proposta di Berlusconi, di fare la riforma mettendo mano alla Costituzione, hanno fatto seguito toni più concilianti. E Veltroni ha proposto un tavolo comune per favorire il dialogo. Secondo il costituzionalista Augusto Barbera la vera emergenza è la lentezza dei processi, «dovuti a una legislazione piena di garbugli, anche perché – e lo diceva già Calamandrei nel 1919 – ci sono troppi avvocati in Parlamento. Noi abbiamo sì un’anomalia, ma è un’anomalia positiva rispetto ad altri paesi europei: l’autonomia dei pubblici ministeri dal potere politico. Non mi sentirei francamente di cambiare per questo la nostra Costituzione».

Professor Barbera, le forze politiche stanno cercando un accordo su come affrontare il nodo della riforma della giustizia. Prima Berlusconi ha proposto di fare la riforma cambiando la Costituzione, poi Veltroni ha risposto con un tavolo comune che metta insieme parlamentari, avvocati e magistrati. Qual è la sua opinione?

Il tema della riforma della giustizia è complesso, ma rimango convinto che ci siano della priorità. E che queste siano i processi penali, civili e amministrativi, che sono lentissimi, dovuti a una legislazione piena di garbugli, anche perché – e lo diceva già Calamandrei nel 1919 – ci sono troppi avvocati in Parlamento. Che portano con sé una deformazione professionale ammantata di garantismo. Questa è il primo problema della giustizia. Non è l’unico, ma il principale. Poi può esserci un problema di ordinamento della magistratura. Ma bisogna muoversi con molta cautela.

Perché?

Perché noi abbiamo sì un’anomalia, ma è un’anomalia positiva rispetto ad altri paesi europei: l’autonomia dei pubblici ministeri dal potere politico. Non mi sentirei francamente di cambiare per questo la nostra Costituzione. Senza quest’autonomia non avremmo avuto Tangentopoli, non avremmo avuto il processo Calvi, non avremmo avuto quel poco che sappiamo delle stragi in Italia. Questo va salvaguardato. Fatto questo si possono anche operare dei cambiamenti al testo costituzionale, che definirei piuttosto come ritocchi.

Secondo lei l’autonomia dei pm è un principio a rischio?

Quello che si dice di voler fare no. Ma se vogliamo fare il processo alle intenzioni, alcune di queste non sembrano in buona fede. E non soltanto da parte del centrodestra. Diciamo che, forse, quando il Capo dello Stato parla di “principi” intende riferirsi proprio a un principio come quello dell’autonomia. Poi, se si mantiene ferma questa autonomia, si potrebbe anche discutere di separazione delle carriere.

In quali termini?

Certamente non è conforme a principi del costituzionalismo liberale che ci sia questa connessione stretta tra che dirige le indagini, promuove l’accusa, sostiene l’accusa in dibattimento e chi poi deve giudicare. Non è il massimo, direi, dal punto di vista delle garanzie liberali. Ma che cosa frena il cambiamento? Le resistenze corporative della magistratura, ma anche una diffidenza, il timore cioè che la separazione delle carriere sia il primo passo per sottoporre il pm all’autorità politica. È il timore che spinge molti, che pure potrebbero esser teoricamente d’accordo, a tirare il freno sulla separazione.

Come si può sbloccare la situazione?

Un patto solenne tra le forze politiche che dicesse: cambiamo anche alcune norme costituzionali, ma ribadiamo l’autonomia della magistratura e in particolare l’autonomia del pubblico ministero dal potere politico. In tal caso forse molte diffidenze potrebbero cadere.

Lei come riformerebbe il Csm?

La proposta di Violante di riequilibrarne la composizione con la presenza di personalità nominate dal capo dello Stato potrebbe essere utile. Ma io mi spingerei ancor più in là: fatta la separazione delle carriere, si potrebbero istituire due sezioni del Csm, una per i pm e l’altra per i magistrati giudicanti. Perché, in effetti, che la carriera di un magistrato giudicante debba essere condizionata dai giudizi e dalle decisioni assunte in Consiglio anche dai pubblici ministeri non è così tranquillizzante.

Lei ha parlato di un “patto solenne”. Come lo si può raggiungere? Veltroni ha parlato di una commissione della durata di sessanta giorni che valuti le proposte di riforma di maggioranza e opposizione. Può essere la strada giusta?

Per trovare un accordo, data l’attuale situazione direi che tutti i mezzi sono “leciti”. Prima ho parlato dell’autonomia come della nostra anomalia positiva. Ma ci sono ovviamente anche anomalie negative, come l’organizzazione della magistratura per correnti. Qui non c’entra nulla la Costituzione, ma i comportamenti stessi dei magistrati. Teniamo presente che le correnti in passato sono state espressione di nobilissimi contrasti, sul modo di applicare il diritto e la Costituzione, ma ora sono prevalentemente gruppi di potere.

Come si potrebbe intervenire per rimediare a questa degenerazione?

Potrebbe rivelarsi decisiva una legge diversa per l’elezione del Csm, basata su collegi uninominali, in cui la scelta avviene sulla base della persona che si ritiene più capace e in cui si ha più fiducia, anziché in base a liste nazionali e quindi a appartenenze correntizie.

Cosa pensa di una corte di giustizia disciplinare del tutto svincolata dal Csm? È una vecchia idea di Violante, che ha riproposto poco fa su questo quotidiano anche il sottosegretario Mantovano.

Una corte disciplinare, che si occupi però di tutte le magistrature, è indubbiamente un altro ritocco che andrebbe fatto. Le faccio un esempio: io sono stato nell’organo di autotutela della magistratura amministrativa, come vicepresidente, e non era simpatico vedere che noi adottavamo alcuni provvedimenti disciplinari e che poi questi venivano impugnati davanti al Tar. Anche se devo dire che hanno ragione i magistrati, quando dicono che fra tutti gli organismi disciplinari di tutte le amministrazioni quello che ha funzionato meglio degli altri è il Csm. Prendiamo l’università: nella mia carriera ha sentito nominare solo due o tre docenti che hanno subito provvedimenti disciplinari. In magistratura questo avviene in misura nettamente superiore.

La giustizia nel nostro paese appare a conti fatti vittima di uno scontro che ha le sue radici in Tangentopoli. Che cosa avrebbe da rimproverare al centrodestra e al centrosinistra dal punto di vista culturale?

Il problema culturale fondamentale è che si parla di questi temi solo quando viene colpito qualche esponente del ceto politico. Mentre il problema riguarda tutti coloro che risentono di una cattiva amministrazione della giustizia, il signor Rossi e il signor Bianchi. Ecco perché per me la cosa più importante è la riforma della macchina che non funziona, delle procedure; mentre il centrodestra è propenso a ribaltare l’ordine delle priorità, mettendo davanti il problema dell’ordinamento della magistratura. Anche se mi sembra che qualche segnale nuovo, di volersi occupare anche del resto, Alfano lo abbia dato.

E cosa invece avrebbe da rimproverare al centrosinistra?

A parte le ultime proposte di Violante, di essersi appiattita su posizioni conservatrici.

martedì 16 dicembre 2008

Riformare la giustizia o la magistratura? Il documento conclusivo dell'Assemblea di MI

Questo il documento conclusivo dell'Assemblea nazionale di Magistratura Indipendente del 14 dicembre 2008 :

RIFORMARE LA GIUSTIZIA O LA MAGISTRATURA?

La crisi del sistema di giustizia in Italia, giunta ad una gravità incompatibile con i canoni costituzionali e con gli standards imposti a livello europeo, impone che le componenti culturali e associative della magistratura, al pari di ogni singolo magistrato, partecipino al dibattito sulle possibili riforme con spirito scevro da tatticismi, posizioni di convenienza, contrapposizioni corporative.

Principi immodificabili in tema di riforma costituzionale della magistratura.
La separazione delle carriere.
È una questione agitata in modo strumentale. Nessun aspetto delle patologie nel funzionamento attuale della giustizia italiana è, infatti, conseguenza della carriera unitaria dei magistrati giudicanti e requirenti. Il principale problema prospettato come effetto della carriera unica, cioè il possibile passaggio di funzioni da giudice a pubblico ministero e viceversa nella stessa sede, è già stato risolto dai vigenti limiti al passaggio dall’uno all’altro settore all’interno del medesimo distretto. I dati dimostrano la non rilevanza concreta del problema visto che nell’ultimo anno soltanto 36 magistrati hanno mutato funzione. In ogni caso alcuni punti fermi vanno ribaditi con forza in vista di possibili ulteriori riforme sul punto:
- mantenimento di un unico concorso di accesso alla magistratura;
- tirocinio comune per tutti i magistrati di nuova nomina e formazione professionale comune anche nel corso della carriera;
- nessuna limitazione al passaggio dal settore giudicante a quello requirente (e viceversa) per la Corte di cassazione, in considerazione della specificità delle funzioni di legittimità;
- unicità del C.S.M. per l’intero ordine giudiziario;
Consiglio superiore della magistratura.
Il mantenimento dell’attuale proporzione tra componenti togati e laici del C.S.M. è coessenziale all’indipendenza dell’ordine giudiziario. Si impone, invece, una riforma della legge elettorale poiché l’esperienza concreta ha dimostrato come Magistratura indipendente aveva pronosticato, che l’eliminazione delle liste non ha affatto indebolito il ruolo delle correnti, accentuandolo anzi con la possibilità di indicare i nomi dei singoli candidati in numero sostanzialmente uguale a quello dei possibili eletti. L’opzione da preferire è per un sistema proporzionale a liste contrapposte con unico collegio nazionale. È da tutti percepita la necessità di una modifica del C.S.M. che eviti sovrapposizioni e confusioni tra funzioni di amministrazione e di giurisdizione disciplinare. Occorre, quindi, separare la sezione disciplinare da ogni altro organo interno del C.S.M., provvedendo ad autonoma elezione dei suoi componenti.
Obbligatorietà dell’azione penale.
Va riaffermata l’irrinunciabilità del principio costituzionale dell’azione penale obbligatoria, poiché essa costituisce garanzia di indipendente esercizio delle funzioni giudiziarie e di uguale trattamento di tutti i cittadini di fronte alla legge. Altrettanto doverosamente, si deve prendere atto che tale principio di fatto non è stato realizzato nell’assolutezza della sua formulazione per la materiale impossibilità di perseguire ogni reato commesso. È, perciò, necessario che l’obbligatorietà sia disciplinata in modo ragionevole e comunque nel pieno rispetto dei valori costituzionali. Magistratura indipendente ritiene necessari interventi legislativi che introducano criteri – specificamente predeterminati – di priorità anche nella trattazione delle indagini preliminari oltre che dei conseguenti processi. È indispensabile ampliare l’ambito della depenalizzazione e dell’irrilevanza penale del fatto al fine di riservare il processo penale alle fattispecie di maggior allarme sociale.

L’azione dell’A.N.M.
Lo “stato di agitazione”, indetto molti mesi addietro è rimasto lettera morta. Nonostante l’approssimarsi della prospettiva di una riforma della magistratura (e non della giustizia) la G.E.C. non ha formulato alcuna concreta proposta, limitandosi a richiamare genericamente i condivisibili principi della Costituzione, non comprendendo che oggi non si discute più di approvare leggi ordinarie in contrasto con quei principi, ma di riformare proprio gli attuali equilibri costituzionali. Nell’interesse della magistratura, il nostro ruolo di gruppo di opposizione ci impone di ricercare un’autonoma interlocuzione con il governo e tutte le forze parlamentari, senza atteggiamenti accondiscendenti ma denunciando i veri difetti del sistema giudiziario e proponendo positive modifiche migliorative. Fermo restando che l’autonomia e indipendenza della magistratura giudicante e requirente costituiscono un principio fondamentale ed irrinunciabile dell’assetto costituzionale del nostro Stato, è politicamente sterile e non ha alcuna conseguenza positiva rifiutare aprioristicamente ogni dialogo, con il rischio di subire passivamente riforme inaccettabili rinunciando a svolgere alcuna azione propositiva.

Vincere l’isolamento della magistratura.
L’attuale isolamento della magistratura si può superare ricercando continui momenti di confronto con le altre categorie del sistema giustizia quali, in particolare, la magistratura onoraria, l’avvocatura, ed il personale amministrativo. Ciò non attraverso dialoghi estemporanei ma tramite la creazione di un organismo permanente tra la magistratura ordinaria e le suddette categorie per la valutazione delle riforme in tema di giustizia. Sul fondamentale versante del rapporto con la società civile e dell’informazione, è indispensabile creare relazioni più incisive con gli organi di stampa ed informazione, senza limitarsi a diffondere meri comunicati di protesta ma divulgano i dati effettivi sulla laboriosità e produttività dei magistrati italiani.

Essere sindacato e associazione.
Magistratura indipendente intende riaffermare come aspetto prioritario del proprio programma la valorizzazione dell’A.N.M. come sede di attiva difesa sindacale dei magistrati. Ciò significa, ad esempio, sviluppare iniziative incisive e concrete per la determinazione dei carichi di lavoro massimi sostenibili, in coerenza con una linea che solo Magistratura indipendente ha sin qui svolto elaborando seri studi e proposte. Devono essere i dirigenti degli uffici giudiziari, sentiti tutti i colleghi in assemblea, ad individuare nelle tabelle o nei piani organizzativi i carichi massimi di lavoro per ciascun ufficio e magistrato. Nella denegata eventualità di un’inerzia dei dirigenti, le stesse decisioni delle assemblee dei magistrati potranno costituire una forte proposta su cui puntare per ravvivare la vita associativa garantendo protagonismo a tutti i magistrati.
Quanto al trattamento economico Magistratura indipendente auspica che l’attuale maggioranza dell’A.N.M. ponga finalmente questo tema al centro di effettive iniziative in sede associativa. Per parte sua Magistratura indipendente, in ogni caso, fornirà ai colleghi un effettivo supporto istituendo un apposito ufficio per il contenzioso con l’amministrazione ed un ufficio per le questioni sindacali (stipula di polizze di previdenza integrativa, convenzioni con operatori bancari e telefonici, informazioni in materia di aspettative, congedi, pensioni, organizzazione degli uffici ecc.).
Magistratura indipendente sosterrà, inoltre, ogni iniziativa, anche giudiziaria, per l’immediato riallineamento della carriera economica dei magistrati a seguito della riforma dell’ordinamento giudiziario e anche al fine di una corretta applicazione della legge sugli stipendi per una reale perequazione con le altre magistrature.

lunedì 15 dicembre 2008

La variabile "indipendenza"

Solo l’indipendenza ci potrà far tornare credibili ,e non gli slogan ripetuti e declamati in un senso quasi auto consolatorio e grafitificante .
L’indipendenza è ,essa sola, parametro della qualificazione dell’attività giudiziaria ,minimo comune denominatore per una linea comune con le magistrature ,garanzia di autorevolezza individuale e collettiva .
Indipendenza è contenuto economico costante di giuste rivendicazioni che pongono al centro di un’azione sindacale che voglia essere credibile ed autentica il rispetto del lavoro giudiziario ,delle condizioni di lavoro dei magistrati ,come ricerca di un carico “ragionevole” cioè esigibile e rapportato a strutture ,alle risorse ed ai mezzi disponibili ed alle condizioni complessive e non astratto parametro imposto in una ricerca di consenso politico e di egualitarismo fine a sé stesso.
Indipendenza è la sola nostra ed autentica "risorsa" ,è la proiezione sociale della nostra attività ,capacità di “essere” e non solo di “apparire” ,magistrati liberi da condizionamenti e da pregiudiziali ideologiche.
La “politica del diritto “ ,ed ora la nuova politica riformistica “giudiziaria “ sono ,senza l’indipendenza e la ricerca continua della sua difesa e garanzia, solo riferimenti vuoti per un sistema giudiziario privo di riferimenti esterni e ricco di contraddizioni ed ormai al capolinea.
Vi è una esigenza fondamentale di azione ,di informazione e di formazione comune con gli avvocati e non è possibile limitarsi a seguire imperterriti solo la cultura della “giurisdizione “ come “giurisdicere” ,disperdendo magari o attenuando anche quella cultura comune del diritto della legalità e della giustizia che solo nell’ indipendenza può riconoscersi e che è alla base della credibilità di ogni sistema giudiziario.
Occorrono nuove idee e non solo dichiarazioni o slogan .
Ci serve ,e le riforme devono provare a costruirla una Giustizia con la G maiuscola ,non solo “efficiente” ma soprattutto “vicina” ai cittadini con una idea della prossimità che presupponga una nuova organizzazione degli uffici giudiziari ,anche ad un livello di quartiere per le questioni civili e penali più semplici ed a un livello distrettuale e dipartimentale per le questioni più complesse e cioì potrebbe significare non solo l’idea (ormai vecchia) dell’efficienza del servizio raggiunta con l’ accorpamento dei tribunali ma una nuova organizzazione degli uffici di Procura ,con Dipartimenti specializzati e modelli “distrettuali” .
Insomma ,ci vorrebbero posizioni chiare e semplici e non limitarsi a richiamare se si è favorevoli o contrari alla “separazione delle carriere” (espressione di per sé ingannevole ..la separazione delle carriere purtroppo nei fatti c’è già e nessuno si è detto contrario alla riforma Mastella ,il problema è la potenziale divisione dei ruoli organici ,la possibilità di opzione ma soprattutto il rispetto per la professionalità maturata ed acquisita e quindi la coerenza dei percorsi professionali esistenti e verificabili ,non è la panacea ,ma solo uno slogan una riforma che non risolva i problemi di efficienza del sistema ma occorre tener presente e non eludere i modelli europei .
Occorre una posizione chiara a livello associativo su alcuni problemi di fondo :
-una riforma statuto della ANM ,con l’elezione diretta delle cariche di Presidente /Segretario ,e con eliminazione o riduzione delle preferenze per le elezioni alla Gec ,oggi solo concepite come potenziale scalata verso il CSM;
-fissazione di vere e rigide incompatibilità tra ruoli sindacali e ruoli amministrativi che è una anomalia solo italiana e che produce e favorisce il disinteresse verso l’associazione e spinge inevitabilmente verso il correntismo inteso nella sua logica di appartenenze e di ripartizioni ideali “chiuse” ;

-Sistema elettorale del CSM
-Norme ,se necessario anche legislative, che assicurino visibilità e trasparenza ai percorsi professionali di ognuno nell’ambito delle valutazioni (perché non basta l’eliminazione dell’anzianità come parametro di scelta se poi le valutazioni del merito delle scelte professionali ,piccole o grandi che siano, restano nei fatti assolutamente svincolate da qualsiasi parametro di verificabilità) ;
-Prassi di autoregolamentazione che riconoscano anche al CSM norme di comportamento come codici etici presenti in tutte le autorità di garanzia (con l’evidente obiettivo di evitare confusione di ruoli e conflitti di interesse .
Parole ne abbiamo sentite ,anche tante ,oggi è il momento delle decisioni e delle proposte .
E' il momento della chiarezza .

giovedì 30 ottobre 2008

I signori dei tornelli

Tornelli si, tornelli no ,anche i magistrati giudici e Pm debbono avere i "tornelli" ,ecco la nuova polemica suonata a fior di slogan .
Siamo ormai sul Titanic e l'orchestrina continua a suonare consapevole che è meglio distrarre i poveri passeggeri (in buona parte i magistrati,ma non solo ) e più tardi inizieremo a litigare tra di noi inevitabilmente perchè le scialuppe di salvataggio sono pochissime.

Impazza la polemica nelle mailing list tra chi ritiene troppo debole la reazione dell'ANM ,spiazzata in "Porta a Porta" (molto prevedibilmente) e ritenuta da molti incapace di rappresentare il disagio concreto della categoria .

Altri invece ritengono di scrivere direttamente al Ministro della funzione pubblica e non tanto per protestare qaunto piuttosto per aderire provocatoriamente alla sua proposta ,sicuri di guadagnarne in termini di vita e privacy.

Ma i "signori dei tornelli " hanno qualcosa da dire a tutti i magistrati ,compresi quelli amministrativi e contabili ,e compresi quelli che svolgono funzioni "fuori ruolo" cioè proprio presso gli stessi uffici amministrativi dove i tornelli ci sono già ? Qui davvero la confusione regna ,ed ecco (solo) i magistrati ordinari a fare la figura dei fannulloni .

Nessuno ricorda ,nella polemica sui tornell ie sulla produttività, la magistratura amministrativa e contabile ,non si sa perchè sempre confusa con gli ordinari quando si parla di onori (gli incarichi extragiudiziari e gli stipendi) ma mai quanto ad oneri (tempi ,organizzazione ,responsabilità,produttività).E infatti il giusto processo tocca tutti ,e i tornelli pure .

E adesso prepariamoci al peggio ,senza scandalizzarci per le proposte più astruse (ne vedremo una al giorno ,ed i famosi "tornelli" sono sono l'inizio di una polemica che sarà dura continua e continuamente sempre più assurda ) ed immaginando invece risposte di serietà professionale ,di apoliticità del lavoro e dell'attività giudiziaria . Le uniche risposte che si possono dare,e che poi la gente capisce benissimo.

martedì 23 settembre 2008

Col cappello in mano ..

Un miracolo. Immaginiamo la scena. Finalmente vede la luce la tanto sospirata “Separazione delle carriere” vera e propria panacea del sistema giudiziario . Esultano gli ordini e le associazioni forensi e si moltiplicano le dichiarazioni solenni , finalmente è stata varata la tanto attesa riforma del sistema giudiziario , i Pm dovranno entrare bussando alla porta e con il cappello in mano nella stanza dei giudici ,dar loro del lei e diventare i famosi “avvocati dell’accusa” pari pari agli avvocati ,avvocati quindi e non più “inquirenti” ,non più “separati in casa” ma separati e basta.
Immaginiamo anche qualcosa di più ,perché la legge istituisce un nuovo ruolo di personale della magistratura ,appunto quella requirente e fin qui tutto a posto ,i magistrati dell’accusa in servizio alla data etc. etc. costituiscono il ruolo della “avvocatura dell’accusa” (o del pubblico ministero ,è più semplice) mentre quelli che svolgono funzioni giudicanti costituiranno un ruolo separato senza possibilità di passaggi dall’una all’altra funzione ,in modo inesorabile (persino per il civile o il giudice familiare) . Ma va bene così ,di fatto la funzione è già “separata” e con l’entrata in vigore della legge Mastella e il normale lentissimo iter delle procedure di trasferimento dei magistrati il mondo giudiziario è già diviso in due ,con buona pace di qualsiasi possibile opzione per il personale giudiziario diritto ben conosciuto nel pubblico impiego ogni qual volta si forma un ruolo nuovo (o si istituisce per esempio un ruolo centrale e un ruolo periferico) .
Eccoli gli “avvocati dell’accusa” pronti a giocare il loro ruolo inedito di Attorney (e qui la visione di troppi telefilm americani ha ingannato qualcuno perché non è vero che negli Usa i processi li fa la polizia ,servono eccome anche là i Pm per poter anticipare proprio nella ricerca delle prove prima del dibattimento elementi che potranno essere valutati come attendibili e importanti per confermare un’imputazione ) .
Ma.
C’è un ma ,ed è quello che riguarda il passato ,milioni e milioni di fascicoli e di procedimenti (piccoli e grandi ,dalla molestia all’omicidio, dall’associazione a delinquere di stampo mafioso alla corruzione) transiteranno da un uffici ad un altro ,magari da una zona della città ad un’altra ,e fin qui passi perché è un problema di trasloco e basta ,ma cosa avverrà al personale amministrativo ? Cancellieri e segretari ,addetti vari finiranno per essere “trasferiti” ad altro ufficio ,scatteranno contenziosi su contenziosi per ragioni varie di qualifica e di distanza ,i tanto sospirati avvocati dell’accusa si troveranno privi di stanze (sloggiati ,magari a furor di popolo dai recinti dei tribunali) e privi anche di ausilio e risorse ,peraltro incapaci di sostegni organizzativi anche da parte della polizia giudiziaria (c’è il piccolo dettaglio dell’art. 109 della Costituzione che prevede(va) “Il Pm dispone direttamente della Polizia giudiziaria ..ma si sa è un fatto di forma) ,lasciati a sé stessi .
A questo punto sarà un po’ più difficile parlare di “giusto “ processo ,guardare in faccia le vittime dei reati ,immaginare una riforma “a costo zero” come qualcuno si sogna ,perché l’impatto della riforma sarà devastante e non per volontà dei magistrati ,ma per incapacità delle strutture di reggere i costi di una separazione di risorse organizzative che si rivelerà ,ogni giorno di più ,fatale per l’organizzazione processuale e il suo corretto funzionamento.
Non ci sarà più bisogno di paventare un Pm sottomesso all’esecutivo , il Pm diventerà un pò come quei difensori civici che si sentono un po’ delusi e un po’ inutili .
Una carriera “virtuale” sottomessa e basta ...appunto col cappello in mano.
Benedetto Croce ,grande liberale , diffidava della suggestione dei modelli normativi stranieri ,e amava ricordare che spesso si commette l’errore di non considerare che le ragioni del buon funzionamento del sistema normativo vanno ricercate invece nella società e nella storia di un Paese ,elementi originali e irripetibili ,e ricordava spesso la storiella di un tale atleta chiamato ad una competizione internazionale che vedendo un suo collega orbo correre molto più velocemente di lui ne dedusse che per correre ancora più velocemente egli si dovesse al più presto cavare un occhio ,e così fece.

lunedì 22 settembre 2008

ANM : documento conclusivo del CDC del 21 settembre e posizione di MI


Associazione Nazionale Magistrati


DOCUMENTO CONCLUSIVO DEL CDC DEL 21 SETTEMBRE 2008


L’Anm ribadisce l’urgente necessità di un ampio processo di riforme dirette ad assicurare funzionalità ed efficacia al sistema giudiziario, secondo le proposte già presentate al Ministro della Giustizia in materia di riforma del processo civile e penale, revisione delle circoscrizione giudiziarie, depenalizzazione dei reati minori ed introduzione di pene alternative alla pena carceraria.
Siamo purtroppo costretti a constatare che il Governo è del tutto inadempiente rispetto alle reiterate richieste di interventi e, al contrario, ha effettuato drastiche riduzioni delle risorse finanziarie e del personale, che provocheranno a breve il definitivo allontanamento della prospettiva di qualunque risposta di giustizia ai cittadini.
L’Associazione Nazionale Magistrati, ben conscia del proprio ruolo e dell’impegno richiesto e mai negato, ritiene fondamentale verificare la concreta attuazione delle importanti innovazioni introdotte con la recente riforma dell'ordinamento giudiziario in tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, di periodiche valutazioni di professionalità, di temporaneità degli incarichi direttivi ed organizzazione delle Procure come occasione per un ampio rinnovamento dell'istituzione giudiziaria, sempre finalizzato all’efficienza della risposta di giustizia.
Ricordiamo, inoltre, proprio nei giorni in cui ricorre il diciottesimo anniversario della morte del collega Rosario Livatino, che i magistrati italiani spesso esercitano le proprie funzioni in contesti ambientali caratterizzati da una diffusa criminalità organizzata ponendo a rischio l’incolumità personale, come avvenuto in recenti episodi.
Non è, quindi, in alcun modo funzionale all’efficacia del sistema giudiziario una riforma dell’assetto costituzionale della magistratura.
In quest’ottica l’Associazione riafferma le ragioni della sua contrarietà alla separazione delle carriere del giudice e del pubblico ministero, alla riforma della composizione del CSM per attribuire più spazio alla politica ed alla ulteriore revisione del sistema disciplinare.
Aumentare la partecipazione di esponenti politici nell’organo di governo autonomo ed in sede di giudizio disciplinare non sarebbe funzionale alla risoluzione delle reali problematiche, bensì unicamente a fornire alla politica un maggiore potere sui giudici ed a ridurre l’indipendenza e l’autonomia della magistratura.
Analogamente sono inaccettabili interventi, tanto più con legge ordinaria su importanti istituti processuali che operino surrettizie modifiche volte di fatto ad indebolire il sistema delle garanzie.
Chiediamo al Ministro della Giustizia, al Governo ed al Parlamento, di adottare subito tutte le iniziative necessarie per consentire ai magistrati di fornire risposte idonee ed in tempi rapidi alla domanda di giustizia nell’ambito dell’attuale assetto costituzionale.
In particolare, la gravissima disfunzione degli uffici giudiziari ed il profondo disagio dei magistrati che vi lavorano, gravemente accentuati dagli interventi in sede di legge finanziaria, impongono un incisivo impegno di denuncia e di protesta.
Pertanto, il Comitato Direttivo Centrale ribadisce il sostegno all’operato della Giunta Esecutiva Centrale ed auspica la massima partecipazione alle iniziative delegate alle sezioni distrettuali per denunciare le condizioni cui si trovano gli uffici giudiziari e gli effetti devastanti sulle risorse e sul personale dei recenti provvedimenti legislativi.
Roma, 21 settembre 2008
Magistratura Indipendente
Ribadisce il proprio giudizio critico sull'operato della Giunta che oggi si presenta a chiedere la ratifica di una serie di prese di posizione chesostanzialmente integrano ancora una volta la netta chiusura rispetto all'intero arco delle proposte di riforma ventilate a livello politico, senza con ciò entrare nel merito e controproporre, confrontandosi in tal modo con la realtà di alcuni dei problemi sollevati ed effettivamente esistenti (es. correntismo), che possono esser risolti con interventi di legislazione ordinaria (ad esempio sul sistema elettorale del CSM), senza procedere a modifiche costituzionali.
In particolare, per quanto riguarda il decreto legge sulle sedi disagiate, MI,pur condividendo la richiesta della GEC di attenuare il principio dell'assegnazione dei magistrati di prima nomina ad uffici penali monocratici e requirenti con previsione della possibilità di deroghe in casi eccezionali,ritiene che l'ultimo documento elaborato sul punto dalla GEC non ribadisca le controproposte praticabili in sede di conversione in legge del decreto, quali ad esempio l'istituto della "coassegnazione" dei procedimenti con altro magistrato anziano; ritiene inoltre che il documento non segnali con la dovuta forza l'incostituzionalità, per violazione del principio di inamovibilità dei magistrati, della disciplina sui trasferimenti nelle sedi a copertura immediata;il documento, poi, appare del tutto neutro sulla questione degli incentivieconomici per il trasferimento a domanda, laddove tali incentivi costituisconosicuramente uno degli strumenti praticabili per far fronte all'emergenza della copertura delle sedi disagiate; è comunque necessario introdurre specifiche modifiche al testo predisposto dal Governo onde evitare pregiudizi e trattamenti disomogenei tra i magistrati. Peraltro il concetto di sede disagiata non deveessere affidata a criteri meramente burocratici, ma deve esser agganciato a situazioni concrete e reali dei singoli uffici, quali la posizione geografica, icarichi di lavoro e gli indici di scopertura riferiti a un più ampio arco di tempo.
In ordine alle misure sulla limitazione delle intercettazioni telefoniche,condivise le critiche al testo predisposto dal Governo circa l'eccessiva ampiezza di tale limitazione che comprometterebbe la fattibilità o, comunque,l'efficacia di complesse indagini su reati di particolare gravità, resta ilproblema degli abusi che si sono verificati in concreto e in determinatesituazioni in particolare nella diffusione mediatica di intercettazioni prive di rilevanza con fatti di reato, che hanno leso gravemente il diritto allariservatezza di determinati cittadini. Rispetto a tale situazione, la risposta dell'ANM sembra porsi in una posizione di sostanziale indifferenza, al di là di esternazioni di principi (che peraltro s'incentrano anche su aspetti secondariper la magistratura quali la tutela del "diritto di cronaca"), a cui fa seguito però la indisponibilità a qualunque intervento riformatore a tale riguardo;ancora una volta assenza di una seria "autocritica", che accrescerebbe la legittimazione dell'ANM nella interlocuzione rispetto alle proposte riformatrici.
Quanto alla istituzione dell'ufficio stampa dell'ANM, si segnala l'inefficacia e l'onerosità di tale servizio, evidenziando che l'esigenza a cui si vorrebbe far fronte con l'istituzione di detto ufficio potrebbe essere meglio salvaguardata consentendo agli stessi vertici associativi di potersi dedicare con pienezza a tale funzione, anche attraverso la richiesta di riconoscimento delle normali prerogative delle rappresentanze sindacali.
MI stigmatizza, poi, il silenzio sull'attività dei Gruppi di lavoro, inparticolare di quelli incaricati di occuparsi delle riforme processuali. Se èvero, come è vero, che questi sono gli aspetti su cui si gioca la sfida dell'"efficienza" del sistema-giustizia, occorre che il CDC nella sua completezza conosca le elaborazioni e le proposte (se ci sono state) dei sovrabbondanti gruppi di lavoro da tempo nominati dall'attuale maggioranza dell'ANM.MI segnala con disappunto il clima dell'odierno CDC, nel quale si è respirato ancora più di altre volte un clima di sterile e pregiudiziale "contrapposizione politica", del tutto inadeguato ad affrontare la situazione attuale ed il sempre più diffuso disagio vissuto dal Colleghi nel lavoro quotidiano.Lo stato di agitazione finora non ha prodotto alcuna iniziativa concreta. E'tempo di passare dalle parole ai fatti.
MI stigmatizza in proposito la rinuncia della maggioranza a riflettere concretamente sulla cessazione delle attività svolte in supplenza da tutti gli operatori della giustizia secondo lo spirito dell'iniziativa per l' "Appello per la giustizia" come per prima ideata da magistratura indipendente.
Infine, MI richiama l'attenzione sui recenti gravi episodi di intimidazione posti in essere nei confronti di alcuni magistrati impegnati in processi dicriminalità organizzata: non si può sottovalutare il problema della sicurezzadei magistrati che operano in alcune aree del territorio nazionale.
Prendiamo atto con soddisfazione che il CDC, su iniziativa del nostro gruppo, ha deciso di prendere una posizione ferma su questo problema


Il Comitato Direttivo Centrale

domenica 7 settembre 2008

Battaglia (1967) : Più indipendenza per la magistratura

http://blog.panorama.it/opinioni/2007/08/17/adolfo-battaglia-1967-piu-indipendenza-per-la-magistratura/


da Panorama del 1 giugno 1967

di Adolfo Battaglia

Il delicato problema dell’indipendenza dei magistrati è venuto al pettine in questi giorni alla Commissione Giustizia della Camera dove si discute la riforma del Consiglio superiore della magistratura, cioè dell’organo che governa (o dovrebbe governare) i giudici italiani. E il duro scontro verbale che mercoledì scorso ha opposto il ministro Guardasigilli al leader dei deputati democristiani in Commissione, l’onorevole Breganze, conferma il fatto nuovo che emerge nel disegno di legge governativo presentato in marzo: che il Governo, nel contrasto di concezioni che divide la vecchia dalla nuova magistratura, ha fatto una scelta di indirizzo politico. Ha scelto in favore della nuova, anche se, nei limiti del possibile, non contro la vecchia magistratura.

È un fatto importante, perché segna la prima conclusione di una battaglia quasi decennale e apre, nello stesso tempo, una serie di problemi che per essere risolti speriamo non abbiano bisogno di altri 10 anni. Modifiche alla legge del 1958, che istituiva il Consiglio superiore, erano richieste dalla stessa Corte costituzionale. Nel 1963, infatti, la Corte aveva dichiarato illegittima la norma sull’intervento del ministro della Giustizia nelle decisioni del Consiglio: veniva abrogata, così, quella norma che limitava l’autonomia della magistratura dal Governo.
Ma i giudici, per essere realmente indipendenti, non debbono neppure essere condizionati da altri giudici. Per decenni, invece, la Corte di cassazione cui spetta la grande funzione di controllo della legittimità delle sentenze, ha esercitato un effettivo potere di direzione della magistratura. Quanto tale potere sia rilevante appare evidente dal fatto che la Cassazione esprime un preciso orientamento non solo giurisprudenziale ma anche, latamente, politico.
Sempre, in ogni Paese del mondo (e così anche in Italia), l’alta magistratura costituisce un elemento «conservatore», per la natura stessa delle sue funzioni, e che la rende strettamente compenetrata con la legge in vigore, quasi avvinta a essa, e naturalmente ostile alla legge nuova o innovatrice, che altera il sistema. Ma se i magistrati sono controllati dalla Cassazione non solo nell’applicazione della legge, ma anche per quanto riguarda carriera, promozioni (e quindi stipendi), sanzioni disciplinari, ecc., come non temere che la loro indipendenza sia «internamente» menomata? Come non temere che vi possa essere una loro umana inclinazione al conformismo giuridico e politico? È questo un punto su cui uomini autorevoli di tutte le parti politiche, dal liberale Bozzi al socialista Ferri, dal democristiano Leone al comunista Ingrao, sono perfettamente d’accordo.
La composizione del Consiglio superiore, fino a oggi, consentiva alla Cassazione di esercitare una sensibile influenza sui giudici. E la prima battaglia della «giovane» magistratura (di cui fanno parte, si intende, anziani magistrati, anche di Cassazione) era rivolta a modificare il sistema d’elezione del Consiglio. Il progetto Reale non soddisfa le esigenze della parte più radicale dell’Associazione nazionale dei magistrati, ma costituisce certo una soluzione di vari problemi. Il progetto modifica infatti la composizione della sezione disciplinare, sottraendola alla schiacciante maggioranza della Cassazione; elimina il presidente della Cassazione dalla sezione disciplinare e dalla presidenza della commissione per le promozioni; immette numerosi giudici d’Appello e di Tribunale nella segreteria del Consiglio superiore; e, soprattutto, modifica in senso più democratico il sistema d’elezione dei componenti il Consiglio, dando la possibilità a tutti i magistrati di votare per candidati non compresi nelle tre rose di nomi predisposte per la Cassazione, l’Appello e i Tribunali.
È questo un punto politicamente fondamentale perché consentirà in pratica di eleggere un Consiglio meno legato alla Cassazione e più rappresentativo della magistratura nel suo complesso: il che significherà un passo avanti nell’effettiva indipendenza dei giudici. Si comprende quindi perché il Guardasigilli è insorto quando una maggioranza eterogenea, di deputati democristiani e missini, ha alterato in Commissione il suo progetto, e si è recato immediatamente dal presidente del Consiglio. Poche ore dopo, veniva confermato che il Governo insisterà, in aula, sulla sua tesi, respingendo le modifiche della Commissione.
È sperabile che il progetto Reale sia presto approvato dalle due Camere (entro il gennaio 1968 dovrà infatti essere nominato il nuovo Consiglio superiore). Anche dopo la sua approvazione restano tuttavia alcune strozzature nel funzionamento del Consiglio che meriterebbero di essere eliminate. Per esempio, la commissione per la promozione in Cassazione resta affidata unicamente ai magistrati di Cassazione, i quali naturalmente valuteranno come titolo negativo nelle promozioni il non aver seguito l’indirizzo giurisprudenziale della Cassazione.

Una prima scelta. Un altro «centro di potere» deve essere democratizzato: la commissione per il conferimento di incarichi direttivi ai magistrati. E appare anche poco logico che le altre commissioni del Consiglio superiore siano nominate discrezionalmente dal comitato di presidenza, il quale, a sua volta, non è eletto da tutto il Consiglio, ma è composto per legge dal vicepresidente designato dal Parlamento, dal presidente e dal procuratore generale della Cassazione. La completa democratizzazione del Consiglio resta un obiettivo fondamentale: gran parte del malessere che si avverte entro la magistratura, e nei rapporti stessi tra l’ordine giudiziario e gli altri poteri dello Stato, dipende in effetti dall’attuale situazione chiusa. Ma è già qualche cosa che il Governo, dopo 10 anni, abbia compiuto una prima scelta tra le opposte esigenze di rinnovamento e di conservazione che agitano la magistratura.

Correntismo (e partitocrazia)



Soro considera utile l`idea di trasferire al Csm una composizione simile a quella della Consulta per debellare il «correntismo esasperato». «Su questo punto - spiega a chi nel partito rifiuta ritocchi alla Costituzione -penso sipossa cambiare la Carta senza mettere a-repentaglio l`autonomia dei magistrati».Autonomia invece  strenuamente difesa da Massimo D`Alema:

«Noi siamo contrari ad un regolamento di conti con i magistrati, siamo contrari adun intervento sulla giustizia che è volto a limitare e a colpire la magistratura, la sua autonomia e la sua indipendenza, siamo favorevoli invece a quelle riforme che rendono la giustizia più efficace, più moderna, più vicina ai cittadini, così come i cittadini si aspettano».

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Una postilla : Per farla finita col correntismo c'è da considerare una piccola cosa : vi è la stessa differenza tra correntismo e correnti che tra partitocrazia/ lottizzazione e partiti .

 Perciò per limitare i fenomeni degenerativi non ci sembra una bella idea quella di eliminare anche il pluralismo culturale che è un arricchimento della democrazia e non un fenomeno "degenerato". 

Come fare allora ? Servono iniziative da parte dei magistrati e della ANM in prima persona che non può fare finta di niente e non può limitarsi alle belle parole ,servono iniziative serie che in sede CSM nel pieno rispetto dell'autonomia dell'istituto ,e di straordinaria utilità sarebbe stata una carta deontologica per i suoi componenti (iniziativa stranamente bloccata sul nascere ) ,una ridefinizione ,nel mare magnum delle delibere consiliari di procedure ad evidenza pubblica per le sue decisioni che incidono sulla carriera dei magistrati affinchè il sospetto di nomine correntizie sia debellato e non con una nuova composizione (più "politica") ma con una nuova azione più  trasparente e quindi in grado di evidenziare PARAMETRI PRECISI  e non modificabili per qualsiasi nomina o decisione valutativa .

 Non è un caso che ormai il TAR del Lazio ha annullato tutto l'annullabile e sempre per gli stessi motivi ,cioè eccesso di potere e motivazioni inesistenti o contraddittorie : possibile che tutto questo non provochi una riflessione anche dentro la ANM? 

Possibile che non ci si renda conto che proprio  questo è il cuore del problema ,che non si può più fare finta di ignorarlo ,e che l'autonomia e l'indipendenza finiremo ben presto per perderla proprio se non interverranno iniziative interne e comuni di autoregolamentazione ? 

Perciò siamo più che mai convinti che serve una prospettiva "trasversale" altrimenti finiremo sì per appiattirci ,e definitivamente .


sabato 6 settembre 2008

ANM : LE RIFORME NECESSARIE

1 SETTEMBRE 2008
Sono presenti: PALAMARA, CASCINI, NATOLI, SICA, BALSAMO, CANEPA, DI GRAZIA, MOROSINI, ROSSI, SGROIA.
GIUSTIZIA: LE RIFORME NECESSARIE
"La giustizia in Italia ha urgente bisogno di riforme.

I cittadini italiani hanno diritto ad ottenere decisioni in tempi ragionevoli.
La sicurezza dei cittadini può essere garantita solo se il processo penale è in grado di funzionare.
L'Associazione Nazionale Magistrati è favorevole ad un ampio processo di riforme per assicurare il funzionamento della giustizia.
- Siamo favorevoli alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie con la soppressione degli uffici giudiziari minori.
- Siamo favorevoli alla riforma del processo civile, alla semplificazione dei riti, al processo civile telematico.
- Siamo favorevoli alla depenalizzazione dei reati minori e alla introduzione di pene alternative alla pena carceraria.
- Siamo favorevoli alla riforma del processo penale, con la eliminazione di tutti quei formalismi che di fatto impediscono di arrivare ad una sentenza in tempi ragionevoli.
- Siamo favorevoli alla introduzione della posta elettronica certificata nel processo penale e nel processo civile.

Dopo un ampio e sofferto dibattito durato oltre sei anni il Parlamento ha approvato una complessiva riforma dell'ordinamento giudiziario.
Una riforma approvata con il consenso di quasi tutti i gruppi parlamentari
- E' stata interamente riformata la responsabilità disciplinare dei magistrati.
- Sono state previste rigorose valutazioni di professionalità ogni quattro anni.
- E' stata inserita la temporaneità delle funzioni direttive.
- E' stata prevista una netta distinzione tra le funzioni di giudice e di pubblico ministero.

L'Associazione Nazionale Magistrati ritiene che le radicali riforme introdotte nell'ordinamento giudiziario richiedano di essere sperimentate e verificate sul campo.
- Una nuova riforma dell'assetto della magistratura non serve ai cittadini e al paese.
- Né serve al funzionamento della giustizia riaprire il dibattito e il confronto sul sistema costituzionale della magistratura.
L'Associazione Nazionale Magistrati è contraria a modifiche costituzionali del sistema delle garanzie.
- Siamo contrari alla separazione delle carriere del giudice e del pubblico ministero e alla creazione di un CSM separato per i pubblici ministeri, in quanto ne discenderebbe inevitabilmente la perdita di autonomia e di indipendenza del pubblico ministero.
- Siamo contrari alla riforma della composizione del CSM e alla riforma del sistema disciplinare.
- Il sistema di autogoverno non è certamente immune da difetti e disfunzioni.

Ma aumentare il peso della politica nell'organo di autogoverno e in sede di giudizio disciplinare non servirà a risolvere i problemi reali, servirà solo a dare maggiore potere alla politica sui giudici e a ridurre la indipendenza e l'autonomia della magistratura.
Sfidiamo chiunque a sostenere che i magistrati scelti per dirigere gli uffici giudiziari da parte di un CSM a maggioranza politica sarebbero migliori di quelli attuali.

venerdì 5 settembre 2008

Scott Turow : una verità "nascosta"

Vale la pena leggersi l'intervista di Scott Turow ,definito il padre del legal thriller sul Messaggero a pag. 23 (Cultura) ,alla domanda del giornalista .."da noi c'è sfiducia nei confronti della giustizia troppo lenta . E' un atteggiamento diffuso anche in America ? " risponde : "Certamente ,visto che anche da noi le cose non funzionano . Senza contare che il nostro ordinamento prevede l'elezione popolare dei magistrati ,che sono quindi sensibili alle pressioni del potere politico e dell'opinione pubblica . Si tratta di un rischio mortale per un sistema delicato come è quello giudiziario, che voi correte in misura decisamente minore . Sulla base della mia esperienza devo dire che la giustizia italiana mi sembra preferibile a quella statunitense perchè meno permeabile dalla corruzione" .

giovedì 4 settembre 2008

RIFORME APPARENTI E VENTI (DI GUERRA)


Come era largamente prevedibile sorrisi e aperture - manifestate con grande enfasi al congresso della ANM – hanno lasciato spazio a progetti di riforma preoccupanti quanto improvvisati e soprattutto poco trasparenti anche se annunciati con effetto .

I magistrati –pm e giudici-sono additati insieme come unici responsabili dello sfascio del sistema giudiziario ,lasciato a sé stesso senza speranze e senza risorse da una politica incapace di ascoltare e di capire ,anzi fin troppo attenta a cogliere l’occasione per “riformare” le istituzioni senza tener conto dei valori costituzionali in gioco ,col pretesto di “venir incontro” alle esigenze dei cittadini ed in realtà attenta solo a riacquistare un ruolo centrale e decisorio nel “governo” della magistratura . La magistratura tutta va così prima di tutto ricondotta ad un ruolo statico e marginale nei confini di rigida applicazione delle norme , se possibile non deve più rivendicare la propria indipendenza ,ma deve essere soggetta non alla legge ma alle esigenze del popolo sovrano ,magari diventare d’ora in poi proprio manifestazione “di popolo” ,espressione diretta del popolo stesso anziché antiquata forma burocratica di esercizio di un “vecchio” potere che non convince più nessuno.
I magistrati vanno “reindirizzati” ,non è bastata evidentemente tutta una riforma dell’ordinamento giudiziario che per la prima volta nella storia italiana ha consentito valutazioni disciplinari nel merito dei provvedimenti giudiziari ,ha riorganizzato (ed è stato un ritorno al passato) gli uffici del pubblico ministero secondo un modello gerarchico e rigido ,con buona pace dei richiami impropri e generici alla memoria di Giovanni Falcone . Bisogna fare di più : giudici se possibile timidi davanti al potente di turno e Pm “separati” e soprattutto ricondotti all’ordine gerarchico cioè ossequiosi e soprattutto “discreti” e comunque meglio se letteralmente seppelliti dai processetti ,esattamente come Falcone in vita,meglio ancora se inesorabili con ladri di galline e ovviamente muti e ossequiosi se qualcuno alza la voce ,o se ha le spalle ben coperte.

La prospettiva è una giustizia dove il principio dell’eguaglianza solennemente declinato e declamato nelle aule giudiziarie finisca per essere relativo ,come tutto poi il giusto e l’ingiusto ,il vero e il falso ,il morale e l’immorale . Tutto è relativo ed anche la giustizia dovrà adeguarsi .

I magistrati sono allora indicati come “fannulloni” istituzionali e qualche volta ,neanche tanto indirettamente come veri e propri eversori in toga ,maionese impazzita di un sistema giudiziario ormai degenerato per cui “sistemandoli” a dovere il sistema stesso ritroverebbe magicamente coerenza e funzionalità ,sono loro -a parere di tutti ,o almeno della maggioranza delle opinioni che contano- gli ingranaggi bloccati che debbono essere revisionati e se possibile sostituiti per fare funzionare la macchina della giustizia ,peraltro da loro ingolfata non certo da un sistema di leggi sostanziale e processuale dove al sovrabbondante numero delle norme corrisponde una varietà di meccanismi procedimentali che non ha eguali al mondo,in barba ai ben noti “classici” principi Chiovendiani della “concentrazione-oralità-immediatezza” .Ma si sa ,citarli è inutile ,e poi chi si ricorda di Giuseppe Chiovenda oggi?
Meglio il modello di Forum alla TV ,meglio il Pm americano che si vede nei telefilm a Los Angeles o New York ,quello sì che è un modello funzionale . E peraltro tutti i riformisti dimenticano di dire che nel modello americano il giudice non giudica le responsabilità ,perché quello è il compito di una giuria popolare (sulla cui legittimazione senza pregiudizi combattono lungamente accusa e difesa) ,negli Stati Uniti il giudice applica la pena adeguata e basta ,e le critiche smodate cui siamo abituati ormai ad assistere quotidianamente sarebbero qualificate come oltraggiose (oltraggio alla Corte) . Il Pm viene eletto a furor di popolo e promette tolleranza zero o tolleranza uno ,due o tre a seconda della propria base elettorale ,e sarebbe anche opportuno introdurlo al più presto in Italia ,qualcuno suggerisce.
Ora al di là di ogni valutazione di merito sui modelli giudiziari ,resta il fatto che nessun modello organizzativo –pur funzionale che appaia - può realisticamente essere introdotto senza notevoli costi (economici) e senza problematiche strutturali e procedimentali complesse (dotazione immediata di mezzi e strutture e di personale oggi nella medesima amministrazione) che finirebbero per mettere ancora più in crisi un sistema giudiziario già di per sé rallentato.
Ci vuole un forte senso di masochismo per immaginare riforme così impegnative in condizioni complessive così miserevoli ,anche a non voler considerare i pur rilevantissimi profili di coerenza e legittimità costituzionale.
Il vero problema è allora stabilire “insieme” priorità immediate ,ed affrontarle subito in modo condiviso ,individuando rimedi chiari come la depenalizzazione dei reati minori,l’introduzione di pene alterative non detentive,moduli processuali più solleciti per i reati di maggior allarme sociale ,forme di mediazione ,semplificando ove possibile i bizantinismi processuali e introducendo sistemi avanzati di comunicazione “sicuri” .
Nel processo penale e civile solo la semplificazione delle procedure (riforma a costo zero) potrebbe avere effetti straordinari . Ma pochi colgono il senso di queste semplici esigenze ,quello che conta è il colpo ad effetto il rimedio “storico” alla crisi del sistema .
I magistrati sono “ordinari” anche se straordinario è il loro senso del dovere e del servizio ,che li porta a sobbarcarsi spese e ruoli impropri (qualcuno tra i consueti opinionisti della riforma ha mai assistito ad un giudizio civile ? E come reagirebbero i medici se fossero chiamati insieme ad organizzare gli ospedali e fare da infermieri e portantini ? Chi sa che il livello delle risorse umane e strutturali assegnate all’amministrazione della giustizia è il più basso di sempre ? ).
Magistrati senza speranze e senza illusioni politiche ,donne e uomini, giovani e anziani ,che sbagliano certamente –come si sbaglia umanamente in ogni categoria- ma che hanno diritto ,come tutti al rispetto per i loro sacrifici quotidiani che nessuno sa e che nessuno ha il coraggio di documentare ,magistrati che si dividono e si impegnano in proposte di miglioramento della (dura) realtà giudiziaria che non è solo rivendicazione salariale (come qualcuno insiste a dire in modo miope davvero) ma è tentativo di garantire il senso del decoro e della dignità di una funzione pubblica ,quella giudiziaria oggi come non mai vilipesa e vituperata .

L’Anm fa quello che può ,e forse anche può quello che fa ,e non è giusto proprio ora suonare delle trombe di distinguo che appaiono stonate .
Esse suonano come una ritirata o forse un silenzio fuori ordinanza che cerca di richiamare e di spostare consensi o peggio di suonare come vero e proprio ammiccamento non disinteressato verso una politica che potrebbe dare segni di gratidudine . Ma il punto è che alle sirene della politica molti hanno ceduto (in egual misura poi tanto a destra come a sinistra) e di risultati il sistema giudiziario ne ha visti pochi ,di iniziative informate di riforma se ne sono viste ancor meno e tanto meno pervenire da chi ha scelto ,con o senza vocazione autentica , il ruolo del legislatore o di magistrato "prestato" alla politica. E questo è anche perchè in fondo anche il sistema politico in generale è in crisi e la degenerazione del sistema maggioritario sfuma ogni giorno di più i confini tra gli altri due poteri legislativo ed esecutivo ,ed il primo si riduce sempre di più ad un ruolo insignificante.
Eppure proprio oggi bisognerebbe prima di tutto cercare di individuare le ragioni ed il senso vero dell’associazionismo giudiziario in modo sereno ,manifestare semplicemente i punti fermi di rispetto per valori centrali come sono ,e dovrebbero continuare ad essere ,l’equilibrio costituzionale tra i poteri dello Stato e l’indipendenza non come privilegio ma come condizione primaria per un servizio che è reso alla collettività dei cittadini in nome e per conto del popolo italiano nell’esercitare una funzione giurisdizionale essenziale quanto delicata ,problematica quanto ,troppe volte, fraintesa .
Le correnti hanno avuto il loro ruolo non secondario nella crisi degenerativa del sistema ,ma una cosa è tentare dall’interno il cambiamento ,prima di tutto migliorando gli strumenti di consultazione e di espressione dell’associazione ,esprimendo e difendendo precise proposte alternative e di possibile riforma ,anche chiedendo una Assemblea generale ed altro è manifestare sempre e comunque una voce dissenziente e di dissociazione di cui pochi colgono ,ora,il senso .
Le correnti mini"partiti" dei magistrati ,registrano amaramente il proprio fallimento perchè hanno perso qualsiasi spinta ideale ,non hanno saputo o potuto rinnovarsi e si sono autoridotte a circuito di gestione dei politici "interni" ,i magistrati "eletti" quelli ,pochi che possono contare qualcosa ancora "rappresentando" la magistratura all'esterno in un ruolo che è più politico che sindacale ,più ormai declamatorio di formule rituali che davvero propositivo .
Le nostre proposte sono ancora qua ,e ci crediamo ,immaginiamo una diversa organizzazione degli uffici giudiziari con una giustizia di prossimità ,immaginiamo una riforma che ponga fine agli inutili orpelli processuali introdotti da una stratificazione normativa che ha padri nobili tanto a destra quanto a sinistra più vicina letteralmente ai cittadini con forte attenzione alle realtà metropolitane ,immaginiamo criteri omogenei (e non variabili) per la valutazione delle esperienze dei magistrati ,per valorizzare non genericamente “il merito” ma la professionalità concretamente manifestata con parametri non modificabili dalle maggioranze consiliari di turno (e magari imposte dalla componente politica che qualcuno vorrebbe rafforzare ) e questo semplificherebbe non poco lo scenario drammatico della organizzazione delle carriere senza creare scompensi ,immaginiamo un CSM che sappia darsi regole di autogoverno spontaneamente e soprattutto un passo indietro nelle sue decisioni degli apparati organizzati con trasparenza e apertura a chiunque voglia dare il proprio contributo ,immaginiamo l’adozione spontanea di incompatibilità tra ruoli associativi e ruoli istituzionali per non vedere più magistrati divisi tra “eletti” e non .
Crediamo ancora oggi nelle nostre proposte proprio perché continueremo ad esprimerle in modo “trasversale” e siamo certi che la loro adozione ,anche se solo in parte, darebbe un segnale importante ai cittadini ,meglio di qualsiasi comunicato stampa.
Un segnale di cambiamento,vero. Controcorrente appunto.

martedì 22 luglio 2008

L'appello comune per la giustizia della ANM e degli avvocati

Appello per la giustizia

L'Associazione Nazionale Magistrati e l'Organismo Unitario dell'Avvocatura,
procedendo ad un esame congiunto del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria", attualmente all'esame del Parlamento in sede di conversione,
rilevato
- che il decreto-legge n. 112 / 2008 prevede norme condivisibili volte a migliorare l'efficienza dell'azione amministrativa dello Stato, ad esempio attraverso una più diffusa utilizzazione degli strumenti informatici e telematici [cfr. ad es. gli artt. 27 ("tagliacarta") e 51 (comunicazioni e notificazioni per via telematica)], il recupero di efficienza nella riscossione di somme dovute allo Stato anche per sanzioni [art. 52 (misure urgenti per il contenimento delle spese di giustizia)] e una migliore gestione dei rapporti di lavoro dipendente [cfr. alcuni aspetti di cui all'art. 72 (personale dipendente prossimo al compimento dei limiti di età per il collocamento a riposo)];
- che lo stesso decreto-legge - con l'intento di "ridurre, a decorrere dalla seconda metà dell'esercizio finanziario in corso, l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche" - prevede altresì norme che incidono pesantemente - nel prossimo triennio e, in un caso, sino al 2013 – anche sulle risorse, materiali e soprattutto umane, del settore Giustizia, ritenute "sovradimensionate", non solo nelle dotazioni organiche ma anche nelle, pur inferiori, presenze in servizio [cfr. gli artt. 25 ("taglia-oneri" amministrativi), 60 (missioni di spesa e monitoraggio della finanza pubblica), 66 (turn over), 72 (personale dipendente prossimo al compimento dei limiti di età per il collocamento a riposo) e 74 (riduzione degli assetti organizzativi)];
- che tali norme di riduzione di dotazioni sia di fondi che di personale si applicano anche, senza eccezioni, per il settore giustizia;
- che altri settori dell'amministrazione pubblica sono stati invece in vario modo preservati, almeno in parte, dai tagli, sul presupposto della "valenza strategica del settore" [art. 66 (turn over)] ovvero sono destinatari [art. 63 (esigenze prioritarie)] di una "integrazione" della dotazione di risorse "resa necessaria - si legge nella relazione al disegno di legge di conversione - per consentire l'acquisto di beni e servizi indispensabili per il mantenimento di un livello minimo di efficienza delle funzioni amministrative e tecniche di dette istituzioni, . incremento reso indifferibile, altresì, in considerazione del significativo ammontare dei debiti pregressi accumulati che, in mancanza di intervento, subirebbe un ulteriore aumento con indubbie ricadute negative";
- che, secondo dati di fonte ministeriale, la percentuale di scopertura media nazionale delle risorse umane (intesa come presenze in servizio rispetto alle dotazioni organiche) è del 12,63%, di cui 12% per i magistrati ordinari, 14% per i magistrati onorari, 13% per il personale amministrativo e 27% per i dirigenti;
- che l'indice reale di scopertura, quanto al personale amministrativo, è ancora superiore al dato sopra indicato, ottenuto attribuendo al personale che beneficia del part-time (e di cui non si conosce il dato complessivo) lo stesso peso del personale a tempo pieno;
- che, a fronte della progressiva riduzione della pianta organica del personale amministrativo, di oltre 8'000 unità dal 1996 ad oggi, ed invece del costante incremento della domanda di giustizia, espressa dalla continua lievitazione degli indici delle sopravvenienze di procedimenti, sia nel settore penale che civile, non è stata contemporaneamente attuata alcuna strutturale riorganizzazione dei metodi e degli strumenti di lavoro, anche per quanto riguarda il concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali;
- che è opinione condivisa da tutti gli operatori del settore che le attuali dotazioni di risorse, sia materiali che umane, a disposizioni del settore giustizia sono insufficienti per consentirne il funzionamento ordinario; che le condizioni in cui presso gli uffici giudiziari si è chiamati quotidianamente a svolgere, nei rispettivi ruoli, delicate attività afferenti i diritti fondamentali delle persone mortificano visibilmente, a diverso titolo, la professionalità di tutte le categorie che operano nel settore; che non è stata adottata alcuna seria iniziativa volta alla tutela dell'importanza e dignità della funzione giurisdizionale ed al riconoscimento, alla motivazione, all'incentivazione e alla riqualificazione degli operatori in coerenza al rilievo delle funzioni esercitate;
- che, nonostante reiterate autorevoli proposte organiche di riforma e semplificazione di riti e procedure e di ridefinizione dell'area dei beni giuridici penalmente tutelati e nonostante le iniziative in questi campi attualmente all'esame, difetta tuttora una complessiva strategia e volontà d'intervento tese a realizzare il precetto costituzionale di garanzia della ragionevole durata dei processi, mentre gli attuali, pur nettamente deficitari, standard di risposta alla domanda di giustizia dei cittadini sono garantiti solo a prezzo della costante opera di supplenza svolta dai magistrati, dagli avvocati e dal personale amministrativo, che sopperiscono alle croniche carenze di mezzi e risorse, ben al di là delle competenze fissate dalle leggi processuali;
- che il malfunzionamento del settore giustizia è purtroppo sotto gli occhi di tutti i cittadini e non necessita di particolari spiegazioni, mentre appare inammissibile continuare a scaricarne l'esclusiva responsabilità sui magistrati, anche onorari, e su avvocati e personale amministrativo, sottacendo che soltanto la loro generosa e non dovuta opera di supplenza ha fin qui impedito la definitiva paralisi del sistema;
- che oltre al problema della gestione dell'ordinario e dei flussi di domanda di giustizia in entrata, l'Italia possiede un enorme "debito pubblico giudiziario", tanto da essere sotto stretta osservazione a livello europeo e soggetta ad una procedura che potrebbe portare all'adozione di provvedimenti da parte del Consiglio d'Europa;
- che è certamente possibile migliorare l'efficienza del settore giustizia attraverso la sua riorganizzazione e informatizzazione, così come dimostrato dalle cd. "best practices" di alcuni uffici che hanno ottenuto anche prestigiosi riconoscimenti all'estero;
- che l'attuale dibattito politico rivela in modo inequivocabile l'esistenza di un'emergenza giustizia e la priorità delle esigenze del settore per rispondere alle domande dei cittadini;
- che tutte le forze politiche hanno dichiarato di condividere tale analisi e di voler porre la questione giustizia al centro dell'azione di governo e legislativa, tanto che la manovra finanziaria impostata prevede numerose disposizioni in materia di giustizia civile, amministrativa, tributaria e penale;
- che tale analisi e la richiesta di soluzione al problema giustizia è costantemente invocata anche dalle forze sociali e produttive del paese le quali, a livello istituzionale e con ricchezza di analisi econometrica, indicano l'inefficienza del settore giustizia tra le cause principali della mancanza sia di competitività del paese, sia di attrazione degli investimenti e, in definitiva, dell'inesigibilità dei diritti costituzionalmente riconosciuti e tutelati;
- che non appare seriamente sostenibile l'esclusione del settore giustizia da quelli di "valenza strategica" per il Paese, considerato che la Giustizia rappresenta, indubbiamente, una "esigenza prioritaria", anche alla luce della crescente domanda di sicurezza espressa dai cittadini e degli impegni in tal senso assunti dalla politica;
- che, conseguentemente, il settore giustizia deve essere non solo esonerato dai tagli ma implementato nelle dotazioni, così come fatto per altri settori di "valenza strategica" o il cui miglior funzionamento costituisce, come per la giustizia, una "esigenza prioritaria";
- che, fra l'altro, la struttura del bilancio dello Stato impedisce di comprendere quale sia l'effettivo "bilancio della Giustizia", poiché la maggior parte delle entrate ricollegabili all'attività della "macchina giudiziaria" non confluiscono nel bilancio del Ministero della Giustizia, bensì nell'insieme di tutte le entrate, rendendo così impossibile una realistica valutazione del rapporto di congruità fra investimenti, domanda e resa del servizio nonché della giustificazione del progressivo aumento dei costi addossati ai cittadini per accedere alla giustizia (per es. mediante l'aumento del contributo unificato) senza che le maggiori entrate, per i già ricordati complessi meccanismi di bilancio, siano poi riversate al Ministero della giustizia e quindi destinate, come affermato, a migliorare l'efficienza del servizio;
chiedono
- che, nell'immediato, in sede di conversione del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, il Governo voglia proporre e il Parlamento voglia adottare emendamenti a tale provvedimento che inseriscano espressamente l'amministrazione della giustizia tra quelle di "valenza strategica" per il Paese il cui migliore funzionamento costituisce una "esigenza prioritaria" e la esonerino conseguentemente dai "tagli", disponendo l'inapplicabilità per l'amministrazione della giustizia degli artt. 25 ("taglia-oneri" amministrativi), 60 (missioni di spesa e monitoraggio della finanza pubblica), 66 (turn over), 72 comma 6 ultima parte (personale dipendente prossimo al compimento dei limiti di età per il collocamento a riposo) e 74 (riduzione degli assetti organizzativi), nella parte in cui prevedono riduzioni di fondi e personale non solo rispetto alle dotazioni di organico ma anche rispetto alla situazione delle attuali presenze in servizio;
- che, con una visione prospettica di più ampio orizzonte, il Governo, il Ministero per la Giustizia e il Parlamento vogliano adottare ogni provvedimento volto al miglioramento, per quanto di rispettiva competenza, dell'efficienza dell'amministrazione della giustizia e al riconoscimento e alla valorizzazione della professionalità e della dignità delle funzioni di magistrati, avvocati e personale amministrativo, disponendo lo stanziamento delle risorse aggiuntive necessarie e la razionalizzazione dei flussi di spesa, previa una attenta verifica della loro destinazione ed utilità;
- che Governo, Ministero e Parlamento vogliano creare un osservatorio-cabina di regia centrale per la verifica dei dati della giustizia, completo, accessibile, trasparente, costantemente aggiornato e cogestito, con la partecipazione attiva delle rappresentanze della magistratura, dell'avvocatura e del personale, che si accompagni all'avvio di un serio ed effettivo processo di monitoraggio e verifica sui meccanismi di acquisizione, allocazione e gestione delle risorse, umane e materiali, dell'amministrazione della Giustizia, e della loro distribuzione sul territorio;
- che venga dato impulso ad un progetto di modernizzazione degli uffici giudiziari mediante adeguati investimenti nel progetto del "processo telematico" e nella riorganizzazione del lavoro, innescando così un processo virtuoso che consenta di destinare il tempo lavorativo non più utilizzato per attività di c.d. front office (ad es. per effettuare la movimentazione e la copia cartacea di atti e documenti) in attività di effettivo e diretto supporto dell'attività giurisdizionale;
- che eventuali decisioni di tagli delle risorse e degli organici del personale del settore giustizia, anche rispetto alle attuali presenze in servizio già ridotte rispetto alle dotazioni organiche, vengano adottati solo dopo il miglioramento e la riorganizzazione delle attuali (ed inefficienti) strutture degli uffici giudiziari e dell'amministrazione della giustizia e dopo la ricognizione di tutti i dati del settore giustizia e del "bilancio giustizia";
auspicano
la massima diffusione e il più ampio contributo ed adesione al presente appello di tutti gli organismi rappresentativi delle categorie professionali della giustizia, delle forze politiche, delle associazioni sindacali e delle forze economiche, dei consumatori e della società civile, richiamando anche l'iniziativa adottata dalle Organizzazioni sindacali di indizione di una giornata di mobilitazione e di informazione-sensibilizzazione rivolta alla cittadinanza il prossimo 22 luglio presso gli uffici giudiziari;
convengono
di darsi appuntamento in occasione del prossimo 25 ottobre, "Giornata europea della giustizia civile", per la verifica degli impegni concretamente assunti dal Governo nei sensi indicati, riservando in tale sede, in difetto della messa in opera degli ormai indilazionabili interventi risolutivi in materia di giustizia, un attento approfondimento sulle iniziative da assumere per rappresentare all'opinione pubblica le complessive inefficienze del sistema che gravano quotidianamente sui magistrati, sugli avvocati e sul personale amministrativo.
Roma, 21 luglio 2008
L'Associazione Nazionale Magistrati e l'Organismo Unitario dell' Avvocatura

giovedì 3 luglio 2008

L'indipendenza ,semplicemente

Non ha mai la tentazione di abbandonare i vincoli del codice per assumere un ruolo politico in nome della giustizia?
"Bisogna seguire il mandato e non uscirne mai fuori", spiega: "Quando cinque anni fa sono stato eletto in questo incarico, ho subito venduto il mio studio legale e ho rinunciato all'insegnamento ad Harvard: non solo dovevo essere indipendente, ma dovevo anche mostrare di non potere venire influenzato. La mia forza sta nella mia reputazione. Se tu segui la legge, se tu non esci dal mandato, allora sei rispettato, allora hai il consenso. E questo in soli cinque anni ha permesso alla Corte penale internazionale di raggiungere obiettivi che erano impensabili. Ma se ti lasci condizionare dall'agenda politica, allora sei morto".
dall'intervista di Luis Moreno Ocampo ,Procuratore internazionale presso la Corte penale internazionale .
http://espresso.repubblica.it/dettaglio//2031273

mercoledì 18 giugno 2008

Un progetto giustizia anche per l'informatica giudiziaria : Giuseppe Corasaniti al XXIX Congresso della ANM

Intervento al XXIX Congresso della ANM
Giuseppe Corasaniti,
Sostituto Procuratore Procura della Repubblica di Roma
“Il mezzo è messaggio” ,la massima fondamentale di Mc Luhan è anche qualcosa che riguarda profondamente l’ANM , ed è qualcosa su cui dovremmo adeguatamente riflettere ogni qual volta parliamo di tecnologie informatiche. Impariamo ad usarle ,impariamo a farne un elemento essenziale della nostra professionalità e delle relazioni associative.
Bisogna certo dare atto alla nuova dirigenza dell’ANM di avere fatto passi avanti molto importanti in direzione dell’innovazione con il recepimento dell’istanza ,proveniente da molti colleghi sull’istituzione di una unica mailing list dell’ANM .
Ma c’è ancora molto da fare .
Persino nell’ANM c’è qualche piccola cosa ancora da fare ,ad esempio rendere pienamente valida a tutti gli effetti associativi quale manifestazione di consenso la sottoscrizione espressa in via informatica ,anche mediante per posta elettronica .
Perché informatica ,oggi, non è solo mailing list e non può risolversi solo nella nostra presenza vera o virtuale che sia,o che si creda che sia , informatica è il dibattito che al di là degli spazi contingentati o programmati avviene quotidianamente in rete.
Perché l’informatica non è solo una terra di dibattiti ,è il web 2.0 che ci tocca ,ci coinvolge ,in una rete innovativa aperta fatta di risorse che interagiscono e offrono applicazioni innovative ed a basso costo .
Il web 2.0 apre discussioni critiche e occasioni di proposte alternative offre e rende sempre più disponibili risorse informative condivise. Non ci si può assolutamente continuare a muoversi in una prospettiva “cartacea” .
Non si può continuare a lamentarsi ,come pure qualcuno continua a fare della sola “carenza di codici” ,sono almeno venti anni che lo facciamo ,mantenendo in ciò forse una visione anacronistica e cartacea della giustizia ,mentre intorno a noi il mondo è già cambiato e continua a cambiare.
L’informatica “ci “ riguarda e “ci” coinvolge ,ed oggi dobbiamo rendercene conto.
In una visione innovativa il problema è quello dell’accesso e della disponibilità di risorse alle basi di dati legislative ,dottrinali , giurisprudenziali in tempo reale ,perché in tempo reale ormai le stesse fonti normative cambiano e l’aggiornamento legislativo on line diventa fondamentale per l’esercizio stesso della giurisdizione .
Così la disponibilità di documenti condivisi in rete locale diventa una prospettiva reale di informazione per una giurisdizione più attenta e consapevole e quindi più efficace.
L’ideale è oggi rappresentato da una prospettiva di giustizia digitale ,semplice ,efficace ,partecipata: è l’unico strumento che abbiamo per chiedere e pretendere a gran voce una vera innovazione nelle strutture e nei metodi e nelle procedure e quindi garantire davvero più efficacia ed efficienza all’azione giurisdizionale ,perché nella innovazione complessiva del sistema pubblico la giustizia rappresenta il punto centrale .
E tutto questo vuol dire anche avviare davvero un percorso coinvolgente di innovazione negli uffici giudicanti e requirenti ,civili e penali.
Bisogna costruire ,giorno per giorno, una vera politica dell’innovazione tecnologica nella giustizia non solo annunciata ma concretamente praticata,con una migliore utilizzazione delle risorse disponibili e su un rinnovamento procedurale basato su strumenti informatici avanzati di trattamento ed elaborazione dei dati giudiziari e processuali ,e oggi strumenti informatici avanzati non significa costi elevati ,al contrario.
Ogni giorno di più l’arretratezza sul terreno dell’innovazione nella giustizia si traduce in un passo indietro sul terreno dell’innovazione pubblica complessiva ,e la schematicità di certe soluzioni sconta ,a volte , anche la mancanza di una progettualità “di sistema” nel settore dell’informatica giuridica e giudiziaria rinunciando alle molte prospettive di interazione interna ed esterna (a cominciare dalla scarsa propensione di molti all’uso quotidiano ed efficace degli strumenti informatici disponibili o nella incapacità di individuare ed adottare caso per caso soluzioni informatiche in grado di porsi come “interfacce” condivise semplici e diffuse ,ed il processo telematico costituisce forse un significativo banco di prova per i magistrati ,ma anche per gli avvocati ) .
Ed in questo occorre allora un impegno diretto senza deleghe all’esterno cioè a uffici particolari o a referenti particolari ,o mantenendo la consueta (e deleteria a mio modo di vedere) politica dell’ outsourcing.
L’innovazione implica un impegno all’interno dei nostri uffici ,un impegno locale e insieme globale ,ma un impegno diretto e non una delega costante agli “specialisti”.
E una politica dell’innovazione implica anche un completo ripensamento delle strutture dedicate : il sistema dei referenti distrettuali ha dieci anni ,risente di una articolazione rigida e inattuale e non ha dato molti risultati concreti ,o meglio , non sono mancate esperienze innovative in qualche caso molto interessanti ,ma esse non si sono tradotte in riferimenti generali .
Una politica per l’innovazione nella giustizia si traduce in autentico rinnovamento procedurale e strutturale e nella adozione di standards e strumenti applicativi informatici avanzati che possono coniugare flessibilmente la rapidità dei controlli ,specie in termini relazionali, con la disponibilità dei documenti in sede processuale ,visti ora come risorse ora come prodotto processuale. Al di fuori di questa prospettiva forse la progettazione di un “ufficio” del magistrato appare semplicemente illusoria ,e forse fuorviante. Immaginare una struttura organizzativa oggi, senza porsi il problema delle tecnologie disponibili ,anche in termini di formazione e di aggiornamento e dell’uso quotidiano è porsi di per sé su un terreno di retroguardia e non di avanguardia.
Anche per questo settore è necessario passare da astratte strategie di pianificazione ad una vera politica di partecipazione dei rappresentanti degli interessi in gioco basata su obiettivi di informatica giuridica e giudiziaria condivisi da tutti gli utenti e i protagonisti ,con la creazione di una vera e propria Agenzia - destinata ad operare in una duplice dimensione nazionale e locale -in grado di interloquire costantemente con gli uffici giudiziari e suggerire pratiche e soluzioni in tempi rapidi con il forte coinvolgimento dei magistrati, degli avvocati e del personale amministrativo.
E' sul terreno della giustizia, dove da più di venti anni si assiste a vane sperimentazioni, che si gioca buona parte della credibilità delle istituzioni, sia in termini di spesa pubblica che di efficacia delle soluzioni adottate, le quali per essere credibili devono essere semplici, condivise e in grado di interoperare agevolmente in tempi rapidi.
Nell’informatica contano solo i risultati ,essa serve ,ed è immediatamente percepibile quando è utilizzata bene ,ed i tempi dell’informatica ,così come della sua evoluzione sono molto ristretti,si parla ,e molto del processo telematico ,almeno nel civile quasi per nulla nel penale , ma se ne parla troppo e si sperimenta troppo poco ,e soprattutto ancora troppo poco spesso si avviano sperimentazioni riconoscibili e condivise per utenti ed avvocati.
E’ mancato finora un “progetto” giustizia per l’informatica e questa ,credo, è l’occasione per riflettere e per tentare di definirlo in futuro ,insieme .

venerdì 13 giugno 2008

Il bluff delle intercettazioni : Bruno Tinti sull'Espresso

Segnaliamo questa magnifica intervista a Bruno Tinti sull'Espresso sulle intercettazioni ,ovvero quello che nessuno dice e che molti fanno finta di non conoscere ..

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Blackout-Giustizia/2029292&ref=hpsp

martedì 10 giugno 2008

Acrobati e contorsionisti ..la Cina è vicina

La Cina è vicina ,recitava un bel manifesto rosso della mostra all'Auditorium vicino all'aula dei lavori del congresso della ANM ,è in effetti la Cina è vicinissima ..dentro di noi ,nel senso dell'autoritarismo misto a contorsionismo . Acrobati cinesi si esibivano davanti alla sede del Congresso (e magari avevano pure più spettatori) passando nei cerchi ,lanciandosi vasi che reggevano solo con la testa e appunto con le abilissime contorsioniste abituate così ,si dice fin da piccole . Ma i veri acrobati ,i veri contorsionisti erano "dentro " il congresso ,ed ancora infatti ,al di là delle belle parole molte "questioni" non sono venute chiaramente al pettine .
Infatti si glissa sul carattere "sindacale" della ANM ,si dà qualche modesto contentino (e proprio noi potremmo parlare di buon segnale politico ,visto che si riprende pari pari il manifesto istitutivo di "controcorrente" ) ,si auspica e si esprime preoccupazione ,ci si apre "con senso di responsabilità" ,ma poi ci si disperde sulle polemiche "politiche" scegliendo di essere soggetto "politico" appunto di rappresentanza e di titolarità di un consenso ,in nome di valori supremi (e costituzionali) . Ingiuste sono forse le critiche che alcuni gruppi hanno mosso ai risultati del congresso ,ma è pur vero che se sono vere o verosimili proprio le considerazioni finali della mozione conclusiva di esse dovrà tenersi conto ,eccome dentro e fuori del CDC (altra assimilazione verbale alla realtà "cinese" dove tale organismo esiste ancora e si apre oggi al mercato) .
Quasi nessuno ha percepito la metafora dei sassi del manifesto (poi spiegata all'ultima giornata il cerchio dei sassi ,diversi unito da una linea comune e da un progetto comune ) ,scelta grafica importante ,che però forse dimenticava che il sasso è una infelice metafora della giustizia ,con i sassi bianchi e neri gli ateniesi appunto praticavano l'ostracismo ,cioè la cacciata dei diversi dalla città ,e proprio con i sassi venivano lapidati ancora gli eretici e i peccatori con una interpretazione rigida delle "sacre scritture" (tecnica ancora oggi praticata in Nigeria e nelle Corti islamiche somale) . Ma si sa la grafica ha le sue esigenze ,e poi il manifesto è bello nel suo insieme .
Qualcuno ha evocato gli anni sessanta (e perciò buona parte della Giunta e dell'attuale dirigenza è incolpevole perchè erano appena nati ) e la mitica canzone di Antoine e Ricky Gianco del 1967 che riportiamo così ,per memoria e dedichiamo idealmente oggi a tutti i magistrati italiani :

Tu sei buono e ti tirano le pietre.
Sei cattivo e ti tirano le pietre.
Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai,
sempre pietre in faccia prenderai.
Tu sei ricco e ti tirano le pietre
Non sei ricco e ti tirano le pietre
Al mondo non c'è mai qualcosa che gli va
e pietre prenderai senza pietà!
Sarà così
finché vivrai
Sarà così
Se lavori, ti tirano le pietre.
Non fai niente e ti tirano le pietre.
Qualunque cosa fai, capire tu non puoi
se è bene o male quello che tu fai.
Tu sei bello e ti tirano le pietre.
Tu sei brutto e ti tirano le pietre.
E il giorno che vorrai difenderti vedrai
che tante pietre in faccia prenderai!
Sarà così
finché vivrai
Sarà così
Tu sei buono e ti tirano le pietre.
Sei cattivo e ti tirano le pietre.
Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai,
sempre pietre in faccia prenderai.
Tu sei ricco e ti tirano le pietre
Non sei ricco e ti tirano le pietre
Al mondo non c'è mai qualcosa che gli va
e pietre prenderai senza pietà!
Sarà così finché vivrai
Sarà così
Se lavori, ti tirano le pietre.
Non fai niente e ti tirano le pietre.
Qualunque cosa fai capire tu non puoi
se è bene o male quello che tu fai.
Tu sei bello e ti tirano le pietre.
Tu sei brutto e ti tirano le pietre.
E il giorno che vorrai difenderti vedrai
che tante pietre in faccia prenderai!
Sarà così finché vivrai
Sarà così ...

Fuor di metafora ,attendiamo ora i fatti ,attendiamo una chiara presa di posizione su proposte precise ,parole (e le parole quelle sentite e dette col cuore) certe volte sono "pietre" ,nel senso che possono "costruire" qualcosa di solido e non solo demolire .

lunedì 9 giugno 2008

Le intercettazioni telefoniche in Europa e USA

Pubblichiamo ,a beneficio di tutti, le schede sulle intercettazioni telefoniche in Europa predisposte nell'ambito dei lavori della Commissione parlamentare del 2006 : un pò di chiarezza non guasta .

LE INTERCETTAZIONI TELEFONICHE NELLA DISCIPLINA LEGISLATIVA DI ALCUNI STATI MEMBRI DELL'UNIONE EUROPEA.

In realtà, è assai difficile rintracciare un filo comune tra le legislazioni dei paesi europei in materia di intercettazioni, risentendo ciascuna normativa della cultura giuridica nazionale. Qui di seguito si effettuerà una breve ricognizione normativa relativa alla disciplina legislativa che regola le intercettazioni all'interno di alcuni degli Stati membri più rappresentativi dell'Unione europea.

REGNO UNITO

La disciplina delle intercettazioni telefoniche rientra nella più generale disciplina dei poteri investigativi, regolata oltre che dal Regulation of Investigatory Powers Act (RIPA) del 28 luglio 2000, che aggiorna il precedente Interception of communication Act del 1985, anche dall'Intelligence Service Act del 1994, dal Police Act del 1997 e dal Human Rights Act del 1998.

Più specificatamente le intercettazioni sono disciplinate dall'Interception of communications Code of Practice Act del 2002 (ICCP) che indica le modalità di attuazione di quanto previsto nel RIPA.
Le intercettazioni possono essere condotte dalle forze di polizia, di sicurezza e di intelligence. Per intercettazione delle comunicazioni si intende l'intercettazione di una comunicazione in corso di trasmissione effettuata a mezzo di servizio postale o sistema di telecomunicazione. Le intercettazioni si possono effettuare solo su mandato (under warrant). Sono autorizzati a richiedere l'emissione di questi mandati:
·The Director-General of the Security Service.
·The Chief of the Secret Intelligence Service.
·The Director of GCHQ.
·The Director-General of the National Criminal Intelligence Service (NCIS handle interception on behalf of police forces in England and Wales).
·The Commissioner of the Police of the Metropolis (the Metropolitan Police Special Branch handle interception on behalf of Special Branches in England and Wales).
·The Chief Constable of the Police Service of Northern Ireland.
·The Chief Constable of any police force maintained under or by virtue of section 1 of the Police (Scotland) Act 1967.
·The Commissioners of Customs and Excise.
·The Chief of Defence Intelligence.
·l'autorità competente straniera che ne faccia domanda sulla base di un trattato internazionale.

Questi mandati sono emessi personalmente dal Ministro dell'Interno, sulla base di un doppio giudizio:
a) necessità per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
- nell'interesse della sicurezza nazionale;
- al fine di prevenire o indagare (detecting) crimini gravi;
- per la salvaguardia del benessere nel Regno Unito;
b) proporzionalità (è giustificabile l'interferenza nel libero godimento dei diritti di cui all'art. 8 CEDU - diritto alla privacy).

Anche quando è seguita la procedura di emergenza ed il mandato è firmato da un 'senior officer', è il Ministro che autorizza il mandato. Nel Regno Unito i mandati per le intercettazioni sono strumenti di raccolta di informazioni. Essi hanno una validità iniziale di tre mesi: se si tratta di intercettazioni per crimini gravi è possibile un rinnovo per un periodo di ulteriori tre mesi; se invece si tratta di sicurezza nazionale o benessere economico si può anche arrivare a sei mesi. Se è stata seguita la procedura d'urgenza l'autorizzazione è valida per cinque giorni lavorativi e deve, poi, essere rinnovata dal Ministro; in tal caso la durata è di 3 mesi se l'indagine riguarda reati gravi, di 6 mesi per i casi di sicurezza nazionale o criminalità economica. Una disciplina a parte, ma molto simile a quella riportata, vige per le intercettazioni dette 'esterne' cioè quelle in uscita ed in entrata dal Regno Unito: rientrano, comunque, nella competenza del Ministro dell'Interno.
La normativa vieta che il materiale raccolto durante le intercettazioni possa costituire prova di fronte alla corte.
La regolarità delle intercettazioni è soggetta alla supervisione (“oversight”) di un apposito commissario (Interception of communications Commissioner).

Sono previsti, in via eccezionale, alcuni casi in cui le intercettazioni sono possibili in assenza di mandato specifico: sono casi in cui c'è il consenso di entrambe le parti (o chi effettua l'intercettazione ha "ragionevoli motivi" per credere che tutte le parti avrebbero consentito). Se invece c'è il consenso di una sola delle parti è necessario comunque un mandato.

Per i ricorsi avverso i mandati è possibile rivolgersi ad un tribuna1e, indipendente dal Governo appositamente costituito (The Investigatory Powers Tribunal).
Il materiale derivante dall'intercettazione, tutte le copie, riassunti o sommari identificati come risultato delle intercettazioni, va distrutto non appena non più
necessario ai fini per i quali l'intercettazione era stata autorizzata. Se parte del materiale è conservato, esso è soggetto a revisioni periodiche che confermino la necessità della sua conservazione.

Il materiale raccolto può essere comunicato al Procuratore che decide, in base "al principio di parità tra accusa e difesa, sull'opportunità di comunicarlo anche alla difesa. Le intercettazioni non possono costituire prova di fronte al giudice.

FRANCIA

La legge attualmente in vigore risale al 1991 (L. 91.646 del 10 luglio 1991).

In base a questa normativa il diritto alla segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni può essere limitato solo per finalità di carattere pubblico prestabilite per legge e secondo modalità da questa previste.
Si distinguono due tipi di intercettazioni:
- nel titolo I sono regolate le intercettazioni ordinate dall' autorità giudiziaria;
- nel titolo II le intercettazioni preventive.

Per quanto riguarda le intercettazioni giudiziarie, ai sensi degli artt. 100 e segg. del codice di rito francese, il giudice istruttore può disporre le intercettazioni sia quando si tratti di reati di competenza della Corte di assise sia quando si tratti di reati di competenza del Tribunale, ma solo se la pena prevista per il reato per cui si procede è superiore a due anni di reclusione e se la necessità dell'indagine lo richiede. L'intercettazione è disposta sotto l'autorità ed il controllo del giudice istruttore. La decisione che dispone l'intercettazione deve essere presa per iscritto, non ha carattere giurisdizionale e avverso essa non è ammesso alcun ricorso. Essa deve necessariamente indicare tutti gli elementi necessari ad identificare le comunicazioni che devono essere intercettate, il reato in relazione al quale è disposta l'intercettazione e la durata. E' previsto un periodo di durata di quattro mesi che può essere prorogato, se sussistono le stesse condizioni, per un ulteriore eguale periodo.
Nel caso in cui l'intercettazione riguardi l'utenza in uso ad un senatore o ad un deputato, oppure ad un avvocato, il giudice deve informare il Presidente dell'Assemblea interessata o il residente dell'ordine degli avvocati competente per Corte d'appello.
Dell'intercettazione e delle operazioni di intercettazione viene redatto un verbale con la trascrizione. Esso, per la parte necessaria all'accertamento dei fatti, viene conservato in un fascicolo. Le registrazioni vengono poi distrutte sotto la responsabilità (diligence) del PM o del procuratore generale, una volta decorsi i termini per l'azione penale.

Le intercettazioni di cui al titolo II invece possono essere autorizzate, eccezionalmente, solo in caso di:
- a) ricerca di informazioni relative alla sicurezza nazionale o alla salvaguardia di elementi essenziali del potenziale scientifico ed economico della Francia;
- b) a fini preventivi in materia di terrorismo, criminalità o delinquenza organizzata, o per la ricostituzione o il mantenimento di c.d. gruppi disciolti ai sensi della L. del 10.01.1936 sui gruppi di combattimento e le milizie private, categoria, quest'ultima di interesse ormai esclusivamente storico.

Mentre le intercettazioni giudiziarie sono sottoposte al controllo della Corte d'Appello e della Cassazione, quelle di sicurezza sono sottoposte al vaglio di una commissione apposita (Commissione nazionale di controllo delle intercettazioni di sicurezza).
Questa Commissione, la cui indipendenza dal governo è assicurata dal legislatore sia tramite le modalità di elezione dei suoi componenti (i tre membri sono nominati dal Presidente della Repubblica, dal Presidente del Senato e dal Presidente dell'Assemblea Nazionale), sia tramite apposite garanzie statutarie, vigila sul rispetto delle disposizioni relative alle intercettazioni. Alla Commissione, infatti, deve essere comunicata, entro 48 ore, la decisione del Primo Ministro di disporre l'intercettazione.
Il controllo di questo organismo si estende sia alla procedura di autorizzazione che all'esecuzione dell'intercettazione.
Nei casi in cui vengano rilevate delle anomalie, la Commissione può esercitare:
- il potere di indirizzare al Primo Ministro una raccomandazione per far interrompere l'intercettazione "mal fonde";
- il potere-dovere di denunciare all'autorità giudiziaria ogni infrazione in questo settore.
Ogni anno la Commissione redige un rapporto per il Primo ministro.

Le intercettazioni in corso simultaneamente non possono oltrepassare un contingente, stabilito con decisione del Primo Ministro ai sensi dell'art. 5 della legge del 10-7-1991, secondo quote fisse per ciascun Ministero.
Per il 2003 le quote erano state così ripartite:
- 400 Ministero della Difesa
- 1190 Ministero degli Affari Interni
- 80 Ministero delle dogane.
Il contingente delle intercettazioni di sicurezza riguarda il numero massimo di intercettazioni simultanee e non va confuso con il numero totale delle intercettazioni disposte in un anno, sia a titolo di nuova intercettazione che di rinnovo di intercettazioni già disposte ed autorizzate.

Il numero complessivo di questa categoria di intercettazioni è quantificabile in circa 5000 l'anno. I reati per i quali vengono richieste tali intercettazioni appaiono essere, in ordine decrescente: .
terrorismo, criminalità organizzata, sicurezza nazionale, criminalità economica.

Questi tipi di intercettazioni sono autorizzate dal Primo ministro stesso - o da due persone da lui delegate - con decisione scritta e motivata, su proposta scritta di uno dei ministri sopra indicati (Difesa, Interni, Dogane).
L'autorizzazione vale per quattro mesi e non può essere rinnovata se non con la stessa procedura.
Di quanto acquisito, sotto l'autorità del Primo ministro, è disposta una trascrizione (relevé) in cui risultano anche data, ora di inizio e fine di ogni registrazione
Le registrazioni sono poi distrutte sotto l'autorità del Primo ministro entro 10 giorni dal momento dell'effettuazione. Di tale operazione è redatto verbale.
Con decreto del 12 aprile 2002 è stato creato presso il Primo ministro un apposito servizio incaricato di queste intercettazioni.
Per quanto riguarda invece le intercettazioni disposte dall'autorità giudiziaria e relativi costi, si ricorda che l'ex monopolista francese, France Telecom, procede gratuitamente alle intercettazioni su telefonia fissa, mentre varie sono le tariffe, a seconda degli operatori, per quanto riguarda le intercettazioni su rete mobile.

SPAGNA

In Spagna la disciplina delle intercettazioni telefoniche risulta estremamente scarna e carente, come da ultimo ha riconosciuto lo stesso Tribunal Constitucional con la sentenza n.184 del 23 ottobre 2003 in cui si invita espressamente il legislatore a provvedere con urgenza.
La materia è regolata in primo luogo dall'art. 18 terzo comma della Costituzione, in cui "si garantisce il segreto delle comunicazioni e in particolare di quelle postali, telegrafiche e telefoniche, salvo eventuali decisioni giudiziarie".
Solo con la legge (Ley Organica) n. 4 del 25 maggio 1988 veniva introdotto l'art. 579 del codice di procedura penale, del seguente letterale tenore: "1. Il giudice potrà disporre l'acquisizione della corrispondenza privata, postale e telegrafica spedita o ricevuta dall'imputato, e la sua apertura ed esame, quando sia possibile ottenere con questo mezzo la scoperta o la prova di fatti o circostanze rilevanti del procedimento. 2. Allo stesso modo il giudice potrà disporre, con decreto motivato, l'intercettazione delle comunicazioni telefoniche dell'imputato quando sia possibile ottenere con questo mezzo la scoperta o la prova di fatti o circostanze rilevanti del procedimento. 3. Il giudice potrà inoltre disporre, con decreto motivato, per un periodo non superiore a tre mesi, prorogabile nella stessa misura, l'osservazione delle comunicazioni postali, telegrafiche e telefoniche delle persone in ordine alle quali esistano indizi di responsabilità criminale, e così pure delle comunicazioni di cui le stesse si servano per la realizzazione dei propri fini delittuosi. 4. In caso di urgenza, quando le indagini siano volte all'accertamento di delitti relativi a bande armate, terrorismo o elementi sovversivi, la misura prevista dal numero 2 di quest'articolo potrà essere ordinata dal Ministro dell'Interno o, in difetto, dal Direttore della Sicurezza dello Stato, con provvedimento motivato comunicato immediatamente al giudice competente, il quale, sempre con provvedimento motivato, revocherà o confermerà tale decisione entro il termine di settantadue ore."
La genericità e imprecisione di questa unica norma è stata sottolineata dalla ricordata giurisprudenza del Tribunal Constitucional, sulla base anche di diverse decisioni della Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, che ha rilevato l'insufficienza della disciplina sotto diversi aspetti. In particolare si contesta: la mancanza di un termine massimo di durata delle intercettazioni, in difetto di un limite alle proroghe concedibili; la mancata indicazione di specifici titoli di reato, o almeno della natura e gravità dei fatti in relazione alle cui indagini può disporsi l'intercettazione; la mancata specifica previsione del controllo giudiziario dei risultati delle intercettazioni telefoniche e del relativo materiale, e cioè delle condizioni di registrazione, custodia, utilizzazione e distruzione delle registrazioni stesse, nonché delle condizioni di trascrizione e di acquisizione agli atti processuali.

La situazione di grave carenza legislativa induce ad estrema prudenza i magistrati spagnoli nell'autorizzare le intercettazioni richieste dalla polizia o dal Fiscal, e così pure dalle autorità giudiziarie straniere in sede di rogatoria, secondo quanto riferito da ufficiali di collegamento dell'Interpol e dell'Antidroga presenti a Madrid, che spesso lamentano la difficoltà di ottenere quanto richiesto dai magistrati italiani.


REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA

Intercettazioni telefoniche

Ai sensi dell'art. 100a del Codice di procedura penale (Strafprozeβordnung, StPO), l'intercettazione e la registrazione di telecomunicazioni può essere disposta qualora sussista il fondato sospetto che un soggetto abbia commesso o istigato o concorso in uno dei seguenti reati:
· reati contro la pace, reati di alto tradimento, attentato all'ordinamento democratico dello Stato, attentato alla sicurezza esterna dello Stato (artt. 80-82, 84-86, 87-89, 94-100a codice penale; art. 20, comma l, numeri 1-4, della legge sulle associazioni);
· reati contro la difesa nazionale (artt. 109d-109h codice penale);
· reati contro l'ordine pubblico (artt. 129-130 codice penale; art. 92, comma 1, numero 7, legge sull'immigrazione);
· istigazione o concorso in diserzione o disobbedienza ( combinato disposto degli artt. 16, 19 e 1, comma 3, codice penale militare) non essendo un membro delle forze armate;
· attentato alla sicurezza delle truppe NA TO presenti sul territorio tedesco ( artt. 89, 94-97, 98-100, 109d-l09g codice penale; artt. 16 e 19 codice penale militare);
· contraffazione di valuta e di valori mobiliari (artt. 146, 151, 152 codice penale);
· tratta di esseri umani ai sensi dell'art. 181, numeri 2 e 3 codice penale;
· omicidio, omicidio preterintenzionale, omicidio colposo e genocidio ( artt. 211,212, 220a codice penale);
· delitti contro la libertà individuale (artt. 234, 234a, 239a, 239b codice penale),
· furto commesso da più persone (artt. 244 codice penale);
· rapina o estorsione (artt. 249-251,253,255 codice penale);
· ricettazione (artt. 260-260a codice penale);
· riciclaggio o occultamento di beni di provenienza illecita ai sensi dell'art. 261 commi l, 2 e 4 codice penale;
· delitti contro l'incolumità pubblica (artt. 306-306c; art. 307, commi 1-3; art. 308 commi 1-3; section 309, commi 1-4; art. 310, comma 1; artt. 313, 314 e 315 comma 3; art. 315b, comma 3; artt. 316a e 316c codice penale);
· un reato di cui agli artt. 52a, commi 1-3; 53, comma 1, primo periodo, numeri 1, 2 secondo periodo, legge sulle armi; art. 34, commi 1-6 della legge sul commercio internazionale; o un reato di cui all'art. 19, commi 1-3; art. 20, commi 1 e 2, in combinazione con gli artt. 21 e 22a, commi 1-3, delle legge sul controllo delle armi da Guerra;
· uno dei reati di cui alle disposizioni riportate all'art. 29, comma 3, secondo periodo, numero I della legge sugli stupefacenti;
· uno dei reati di cui all'art. 92a, comma 2, o art. 92b della legge sull'immigrazione o di cui agli artt. 84, comma 3, alinea 3 e 84a della legge sulla concessione dell'asilo

ovvero, nei casi in cui il tentativo sia punibile, abbia tentato di perpetrare o di concorrere in uno dei suddetti atti o abbia preparato tali atti attraverso la commissione di un reato e gli altri mezzi per appurare i fatti o localizzare l'accusato non abbiano prospettive di successo o sarebbero molto più difficili da realizzare. L'ordine di intercettazione può essere emanato esclusivamente nei confronti dell'accusato o nei confronti di altro soggetto in relazione al quale si ritenga, sulla base di specifiche circostanze, che egli riceva comunicazioni indirizzate all'accusato o riceva o trasmetta messaggi da parte dell'accusato.

Ai sensi dell'art. 100b, l'intercettazione e la registrazione di telecomunicazioni può essere autorizzata solo da un giudice. In caso di urgenza esse possono essere disposte dal pubblico ministero, ma tale provvedimento deve essere convalidato dal giudice entro 3 giorni.
L'autorizzazione deve essere resa per iscritto. Essa deve indicare il nominativo ed il recapito della persona nei confronti della quale essa è diretta, nonché il numero di telefono, le modalità, l'estensione e la durata della misura adottata. Tale durata non può eccedere i tre mesi, ma può essere prorogata per una volta, laddove permangano i requisiti di cui all'art. 100a.
Sulla base del decreto, tutti i gestori di servizi di telecomunicazione sono tenuti a prestare la propria opera a favore del giudice, del pubblico ministero e della polizia giudiziaria nell'esecuzione delle intercettazioni e nella registrazione delle comunicazioni telefoniche, sulla base di quanto specificato dall'art. 88 della legge sulle telecomunicazioni e del regolamento recante i dettagli tecnici ed organizzativi delle intercettazioni.
Nel caso in cui vengano meno i requisiti di cui all'art. 100a, le attività intraprese sulla base del decreto dovranno cessare immediatamente.
Le informazioni personali ottenute possono essere utilizzate come prova in altri procedimenti penali, solo quando nel corso della loro valutazione emergano informazioni necessarie a chiarire uno dei reati elencati all'art. 100a.
Se le registrazioni ottenute non sono più necessarie a fini investigativi, esse sono immediatamente distrutte sotto il controllo del pubblico ministero. Delle operazioni di distruzione viene redatto verbale.

Intercettazioni ambientali

Ai sensi dell'art. 13 della Legge fondamentale della Repubblica federale tedesca, il domicilio è inviolabile. Qualora determinati elementi di fatto costituiscano fondamento per l'ipotesi di delitti particolarmente gravi perseguiti dalla legge penale, possono essere utilizzati, in forza di una ordinanza dell'autorità giudiziaria e nel caso in cui l'investigazione perseguita con altri mezzi risulti incomparabilmente più difficile o destinata all'insuccesso, mezzi tecnici di sorveglianza e rilevamento acustico nei domicili nei quali si ritiene che soggiorni la persona indagata. Tale misura deve essere limitata nel tempo. L'ordinanza è emessa da un collegio di tre giudici. In caso di pericolo nella dimora può essere emessa da un solo giudice.
Al fine di evitare pericoli imminenti per la sicurezza pubblica ed in particolare a pericoli collettivi o ad un rischio mortale, mezzi tecnici di sorveglianza di un domicilio possono essere utilizzati in forza di una ordinanza dell'autorità giudiziaria. In caso di pericolo nella dimora, la misura può essere ordinata anche da altra autorità determinata dalla legge; in ogni caso una decisione dell'autorità giudiziaria deve essere adottata al riguardo senza ritardo alcuno.
Qualora i mezzi tecnici siano previsti esclusivamente per la protezione delle persone presenti in domicili, la misura può essere ordinata da una autorità determinata dalla legge. L'utilizzo per un altro fine delle conoscenze acquisite in tal caso è permesso unicamente al fine di procedimenti penali o di prevenzione di pericoli e a condizione che la regolarità della misura adottata sia stata preventivamente constatata dal giudice; qualora vi sia pericolo nella dimora la decisione dell'autorità giudiziaria deve essere adottata senza ritardo alcuno.

La disciplina delle intercettazioni ambientali è stata recentemente modificata su impulso della Corte costituzionale. Quest'ultima, con sentenza del 3 marzo 2004, ha affermato che le disposizioni del codice di procedura penale in materia di intercettazioni ambientali allora vigenti erano in buona parte incostituzionali e violavano la dignità delle persone, oltre ad essere sproporzionate rispetto alle finalità perseguite. In particolare, l'attenzione della Corte si è incentrata su una serie di questioni: l'elenco dei reati per i quali era consentito ricorrere alle intercettazioni ambientali, che comprendeva reati per i quali il ricorso delle intercettazioni era sproporzionato in rapporto alla gravità dell'illecito; l'assenza di disposizioni che prevedessero il divieto di utilizzare le informazioni ottenute in modo non conforme ai requisiti di legge, imponendone la cancellazione immediata; la mancanza di un obbligo di informativa nei confronti dei soggetti interessati dalle intercettazioni, soprattutto dei terzi non direttamente coinvolti nelle indagini.
A seguito della suddetta pronuncia, il Parlamento tedesco ha provveduto alle relative modifiche del codice di procedura penale, novellando gli artt. da 100c a 100f e introducendo i nuovi artt. da 100g a 100i.

L'art. 100c prevede dunque requisiti particolarmente rigorosi per l'autorizzazione di intercettazioni ambientali da effettuarsi all'interno di un privato domicilio (fondato sospetto che il soggetto abbia commesso o concorso nella commissione di uno dei reati elencati nello stesso articolo, particolare gravità del fatto, fondato convincimento che per il tramite dell'intercettazione sarà possibile acquisire informazioni rilevanti per l'indagine o per la localizzazione di altri soggetti indagati, assenza di alternative o particolare gravosità dell'alternativa allo strumento dell'intercettazione ambientale). Particolari cautele sono previste al fine di evitare che l'intercettazione possa riguardare conversazioni private che nulla hanno a che vedere con le indagini.

In conformità al suddetto art. 13 della Legge fondamentale in materia di inviolabilità del domicilio, le misure in questione sono di norma autorizzate dalla sezione penale del tribunale regionale. Solo in casi d'urgenza il decreto può essere adottato dal presidente della sezione, ma deve essere convalidato dal collegio entro tre giorni. La durata dell'intercettazione non può eccedere un mese. Sono possibili proroghe della medesima durata. Nel caso in cui le proroghe superino i 6 mesi, la competenza passa alla Corte di grado superiore.

L'art. 100e prevede che i pubblici ministeri riferiscono ai propri dirigenti annualmente una serie di informazioni in merito ai provvedimenti adottati. Tali informazioni confluiscono in relazioni di ambito regionale, che vengono poi inviate al Governo, il quale a sua volta ne informa il Parlamento.

L'art. 100f disciplina le intercettazioni ambientali effettuate in ambienti diversi dal domicilio privato e le assoggetta ad una disciplina analoga a quella prevista dall'art. 100a per le intercettazioni telefoniche.

L'art. 100g riguarda invece l'acquisizione di dati relativi al traffico telefonico.

Ai sensi dell'art. 101, sia nel caso di intercettazioni telefoniche sia in quello di intercettazioni ambientali, il decreto viene notificato ai soggetti interessati (imputati, altri soggetti interessati, proprietari e residenti dei locali in cui ha luogo l'intercettazione ambientale) non appena ciò possa essere fatto senza pregiudicare le finalità delle indagini, la pubblica sicurezza, la vita o l'integrità fisica di terzi, la possibilità di continuare a utilizzare investigatori in incognito.

Norme in materia di intercettazioni sono contenute anche nella legislazione dei singoli Lander. A tal proposito, la Corte costituzionale ha recentemente dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge di pubblica sicurezza della Bassa Sassonia, nella parte in cui prevedeva la possibilità di effettuare intercettazioni anche prima dell'accertamento di veri e propri reati. Tale disposizione permetteva alla polizia di intercettare telefonate, localizzare segnali dei cellulari e controllare traffico di email e sms "se i dati di fatto giustificano la supposizione" che la persona possa aver commesso "reati di rilevante importanza" .Secondo la Corte sarebbero mancati i criteri per distinguere tra comportamenti innocui e la preparazione di futuri delitti[1].

STATI UNITI D'AMERICA

La disciplina federale delle intercettazioni telefoniche e telematiche e delle intercettazioni ambientali è raccolta negli artt. 2510 e ss. del Title 18 (relativo alle norme di procedura penale) dello US Code[2].

In particolare, il procedimento di autorizzazione è disciplinato dall'art. 2516. Esso prevede che:

(1) l'Attorney General[3], i suoi vice, ed altri collaboratori espressamente nominati dalla disposizione in questione possono autorizzare la presentazione di un'istanza ad un giudice federale per l'emanazione da parte di quest'ultimo di un decreto che consenta l'intercettazione di comunicazioni telefoniche e telematiche da parte dell'F.B.I. o di altra agenzia federale competente ad indagare su specifici reati, qualora tale intercettazione possa fornire o abbia fornito la prova di una serie di reati che sono elencati nello stesso art. 2516, comma l, dalla lettera (a) alla lettera (r);

(2) il principale prosecuting attorney di ogni Stato o di ogni entità politica substatale che sia autorizzato da una legge dello Stato in questione a richiedere ad un giudice di un tribunale dello Stato l'emanazione di un decreto che autorizzi o approvi una intercettazione telefonica, telematica o ambientale, può presentare tale istanza. Il giudice, in conformità a quanto previsto dall'art. 2518 del Title 18 e con quanto previsto dalla legislazione dello Stato, emana un decreto che autorizza o approva l'intercettazione da parte dei soggetti competenti ad indagare sul reato, qualora tale intercettazione possa fornire o abbia fornito prova della commissione dei reati elencati dallo stesso art. 2516, comma 2;

(3) qualsiasi attorney for the government (come definito dalle Federal rules of criminal procedure) può autorizzare la presentazione di un'istanza ad un giudice federale per l'emissione di un decreto che autorizzi o approvi l'intercettazione di comunicazioni elettroniche da parte dei soggetti competenti a condurre l'indagine, qualora tale intercettazione possa fornire o abbia fornito prova di un grave reato (felony) federale.

L'art. 2518 stabilisce quali sono i requisiti affinché il giudice possa emanare il decreto di autorizzazione:
- vi è il fondato sospetto che un soggetto stia commettendo, abbia commesso o si appresti a commettere uno dei reati elencati all'art. 2516;
- vi è il fondato sospetto che attraverso l'intercettazione sarà possibile ottenere specifiche comunicazioni in merito al reato in questione;
- le normali procedure investigative sono state già esperite e non hanno portato risultati o appare ragionevolmente improbabile che essere porteranno dei frutti o ciò sarebbe comunque pericoloso;
- c'è il fondato sospetto che i luoghi dai quali o in cui la comunicazione deve essere intercettata siano utilizzati o stiano per essere utilizzati in relazione alla commissione del reato, o siano stati concessi a, intestati a o normalmente utilizzati da tale soggetto.
[1] Le informazioni sul contenuto della sentenza sono tratte dal comunicato stampa dell'Ambasciata di Germania in Roma del 28 luglio 2005.
[2] Lo United States Annotated Code o U.S.C.A. non costituisce un codice degli Stati Uniti, nel senso che questo termine assume negli ordinamenti di civil law, ma di una compilazione ufficiale della legislazione federale con la relativa giurisprudenza (F. DE FRANCHIS, Dizionario Giuridico, Giuffrè, Milano, 1984).
[3] L'Attorney General è preposto al Department of Justice dell'esecutivo statunitense. Egli, in sostanza, esercita le funzioni di ministro della giustizia federale e sovrintende ai district attorneys (F. DE FRANCHIS, op. cit. ).