martedì 1 gennaio 2008

Il bilancio della giustizia italiana delle Corti Europee




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Corti europee : 2007 , un anno di sentenze di Gabriella Mira Marq


Europa e' anche giustizia e diritti.
Nel 2007 le Corti europee, la Corte dei diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa e la Corte delle Comunita' europee, hanno emesso centinaia di sentenze o decisioni. Ne abbiamo scelto alcune a nostro avviso piu' significative, che riguardano l'Italia e i diritti o che comunque stabiliscono degli importanti precedenti giurisprudenziali cui far riferimento anche nel dibattito politico futuro.

ITALIA

Violazioni dei diritti. A gennaio 2007, la Corte dei diritti dell'uomo ha reso nota la somma delle violazioni commesse dai singoli Paesi del Consiglio d'Europa nel 2006. L'Italia ha collezionato 96 violazioni, mentre solo 5 giudizi su quelli ritenuti ammissibili dalla Corte si sono conclusi a favore dello Stato Italiano. Il maggior numero di violazioni della convenzione commessi dall'Italia sono quelli relativi alla protezione della proprieta' (50), spesso riferiti al fenomeno degli espropri senza adeguato risarcimento. Seguono il rispetto per la vita privata e familiare (31), il diritto ad un effettivo rimedio (25), la lentezza delle procedure giudiziarie (17), il diritto ad un processo giusto (11), il diritto a libere elezioni (10), mentre 3 casi riguardano il diritto alla protezione ed alla sicurezza.
Si ravvisano quindi 53 violazioni relative al settore della giustizia (sebbene per taluni casi sia stata lamentata la mancanza di leggi adeguate) e 43 riguardanti altre amministrazioni dello Stato e i poteri esecutivo e legislativo (sebbene anche alcune sentenze riguardanti la violazione della privacy della vita privata o familiare siano da riferirsi a decisioni dell'apparato giudiziario).

Il nostro Paese e' poi - fra i 46 Stati membri del Consiglio d'Europa - nella 'top ten' di quelli che hanno commesso piu' violazioni, preceduto dalla Turchia (312, soprattutto processi non equi e discriminazione), la Slovenia, l'Ucraina, la Polonia e la Francia, che si contraddistingue per un alto numero di violazioni relative al giusto processo.
A marzo, in una sentenza, la Corte ha ribadito che l'Italia deve cessare la sistematica violazione dell'articolo 46 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e prendere provvedimenti normativi affinche' essa non si ripeta. Il Tribunale europeo ha considerato che l'Italia dovrebbe, soprattutto, impedire tutti i casi di occupazione illegale della terra e scoraggiare le pratiche che non si attengano alle regole sull'esproprio legale, promulgando disposizioni che fungano da fattore dissuasivo e stabilendo la responsabilita' di chi realizza tali pratiche.
Inceneritori Il 5 luglio l'Italia e' stata condannata dalla Corte di Giustizia europea per omessa valutazione d'impatto ambientale sull'inceneritore di Brescia - propagandato come il migliore del mondo -e per omessa pubblicita' al pubblico delle decisioni prese per consentire ai cittadini di dire la propria opinione. Nella sua denuncia, la Commissione Europea osservava che "poco importa che le autorità competenti abbiano effettuato una valutazione dell'impatto sull'ambiente della «terza linea» dell'inceneritore", in quanto, secondo gli obblighi della direttiva, "è prima del rilascio dell'autorizzazione che i progetti che possono avere un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni e la loro ubicazione, devono essere sottoposti ad un procedimento di autorizzazione e ad una valutazione di tale impatto".
Secondo la Commissione, inoltre, "la sola volontà del gestore della «terza linea» dell'inceneritore di sollecitare la sottoposizione di tale impianto ad una valutazione di impatto ambientale, mentre tale impianto era già stato realizzato e messo in funzione, è, di conseguenza, indifferente, in quanto la domanda di valutazione è stata presentata solo il 7 dicembre 2004 e si è proceduto a tale valutazione solo dopo la scadenza del termine impartito nel parere motivato. La Corte Europea (Seconda Sezione) ha accolto tutti i rilievi della Commissione UE contro l'Italia sia per l'omessa valutazione d'impatto ambientale sull'inceneritore che per omessa pubblicizzazione alla popolazione delle decisioni concernenti la realizzazione della terza linea, ed ha condannato l'Italia anche pagare le spese di giudizio.
Pochi giorni dopo, il Tribunale UE ha condannato nuovamente l'Italia per vicende riguardanti l'appalto e la costruzione di inceneritori. L'Italia era stata deferita alla Corte dalla Commissione Europea, che il 20 ottobre 2005 aveva chiesto di dichiarare che il nostro Paese aveva violato le procedure previste dalla direttiva del Consiglio che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi. Infatti l'Ufficio del Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia (il Presidente della Regione Sicilia) - dipendente dal Dipartimento per la protezione civile, emanazione della Presidenza del Consiglio dell'allora governo Berlusconi - aveva indetto la procedura per la stipula delle convenzioni per l’utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata, prodotta nei comuni della Regione siciliana.
Vittime di reato Il 29 novembre, la Corte di giustizia europea ha condannato il nostro Paese per il mancato recepimento nella nostra legislazione della direttiva UE sul risarcimento delle vittime di reato (direttiva n° 80 del Consiglio del 29 aprile 2004). Gli Stati membri, infatti avrebbero dovuto "mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi a tale direttiva entro il 1° gennaio 2006, fatta eccezione per l’art. art. 12, n. 2, di quest’ultima per il quale tale data era fissata al 1°luglio 2005, e dovevano informarne immediatamente la Commissione".
A nulla e' valso sottolineare che l'Italia ha gia' alcune norme relative all'indenizzo delle vittime di atti di terrorismo e della criminalità organizzata nonche' delle vittime di richieste estorsive e di usura, perche' la Corte europea ha notato che "alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, tutti i provvedimenti necessari per procedere all’attuazione della direttiva nell’ordinamento giuridico nazionale non erano stati adottati dalla Repubblica italiana".
Informazione Importante per l'Italia anche un'altra sentenza europea che non la riguarda direttamente. Una decisione del 7 giugno della Corte dei diritti dell'uomo fa infatti il punto sulla pubblicazione delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche, il diritto di cronaca e il dirtto all'informazione. Essa prende spunto dal caso di due giornalisti condannati dai tribunali francesi per aver pubblicato un libro - corredato da alcuni verbali di intercettazioni - sul sistema di intercettazioni illegali durante la presidenza Mitterand. Le condanne erano motivate con la tutela del segreto istruttorio, ma la Corte del Consiglio d'Europa, che opera in applicazione della Convenzione dei diritti dell'uomo, ha ammesso che - pur avendo i due autori violato le leggi sul segreto istruttorio - e' prevalente l'esigenza del pubblico di essere informato sul procedimento giudiziario in corso e sui fatti narrati dai due, purche' i giornalisti riportino fatti veri in modo corretto.
La sentenza afferma fra l'altro che "il diritto della stampa di informare su indagini in corso e quello del pubblico di ricevere notizie su inchieste scottanti prevalgono sulle esigenze di segretezza". Inoltre la Corte di Strasburgo ha sottolineato che non devono essere i giornalisti a dimostrare di non aver violato il segreto istruttorio, ma devono essre le autorita' a dimostrare l'effetto negativo della publicazione sulla presunzione d'innocenza di un imputato.
Sempre in tema di rapporti fra informazione e politica, in ottobre la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato la Moldova a risarcire un giornalista condannato dai tribunali nazionali
per aver richiamato in un articolo i legami di un parlamentare e dei suoi parenti con la cattiva gestione dei trasporti pubblici. Nell'occasione, la Corte ha ammesso che in molti Paesei l'interferenza con la liberta' di stampa e' giustificata da leggi finalizzate a perseguire il "legittimo obiettivo" di proteggere la dignita' e la reputazione delle persone, e che cio' era valido anche in questo caso. Inoltre non ha ravvisato violazioni della liberta' di stampa per parte dell'articolo che non appariva suffragato da prove e che poteva effettivamente essere lesivo della reputazione del parlamentare.
La Corte ha dichiarato quindi che c'era stata violazione dell'art. 10, poiche' il giornalista aveva preso la precauzione di ricordare che aveva citato o riassunto altrui dichiarazioni, fra cui relazioni ufficiali delle autorita' dei trasporti. È inoltre emerso che negli articoli erano contenute precise dichiarazioni di fatto, come i legami familiari tra il politico e i dirigenti.

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